27 mar 2007

> VIDEO

Muori dalla voglia di vedere la lava di un vulcano attivo comodamente seduto/a dalla tua poltrona?
Qui sotto trovi il video di una delle eruzioni del vulcano Pacaya, a pochissimi metri di distanza dal magma:


http://www.archive.org/details/PacayasLava_429

... Se invece sei piu' interessato a dare una sbirciata al caotico mercato di Chichicastenango dai gradini della chiesa di S. Tomas, dove le tradizioni guatemalteche si mantengono ancora vive e solide ti consiglio questo:

http://www.archive.org/details/Chichicastenango

Welcome to Belize - Welcome to Caribe


21/03/2007 - Caye Caulker - 2 mt

Primo giorno di Primavera, anche se qua e' praticamente estate.
Caye Caulker e' un'isola che si trova a 32 km da Belize City, sulla costa, un'isola nata dall'accumulo dei detriti della barriera corallina del Mar dei Caraibi, che inizia propio qua. L'isola si estende per 6,5 km in lunghezza e 600 mt di larghezza e si alza al massimo 3 mt dal livello del mare... in pratica, scusate il mio catastrofismo, in alcune decine di anni e' destinata a scomparire sotto l'inalzamento delle acque oceaniche.
Uno strato di mangrovie copre buona parte del perimetro dell'isolotto mentre file di palme da cocco provvedono all'ombra per i suoi pigri abitanti. Sull'isola caraibica aleggia costantemente il reggae di Bob Marley e di Gregory Isaac diffuso dalle potenti casse audio delle bancherelle gestite quasi unicamente da arroganti rasta che vivono qui da ormai diverse generazioni.
Poco piu' a largo dalla costa si trova un luogo unico al mondo: the Blue Hole, un profondo buco di color blu intenso nel mezzo delle acque cristalline, creatosi per il collasso di una cavita' sommersa... un vero paradiso per chi ha la possibilita' di fare immersioni, perche' in fondo il Belize e' una meta turistica quasi esclusivamente per coloro i quali vivono piu' sotto al livello del mare che sopra sulla terra ferma.
Per attraversare il Belize in lunghezza sono necessari tra i 12 e i 15$, sufficienti a pagare i bus che ti trasportano da una parte all'altra, ma questo non perche' tale paese sia molto economico - al contrario - il fatto e' che la sua superficie e' abbastanza ridotta. Gran parte dei suoi abitanti vive a Belmopan, Belize City (la citta' piu' grande con appena 49.000 abitanti) e nei diversi cayes sparsi nella barriera corallina. Piu' che in America Latina la sensazione e' quella di essere finiti in uno stato sperduto degli USA. La lingua piu' diffusa e' l'inglese. Perfino lo stile di vestire e' made in USA... i rappers e il loro atteggiamento presuntuoso regnano indisturbati. I bus statali non sono altro che i vecchi pulman scolastici acquistati dagli States. Salendo su uno di questi mezzi o semplicemente gironzolando per le assolate strade del Belize si incontrano facce che ricordano probabilmente dei galeotti poco raccomandabili. La verita' e' che il Belize e' diventata la patria di chi cerca di cncellare il passato e di rifarsi una vita in questo paradiso tropicale... ex-veterani di guerra, ex-detenuti o semplicemente gli eredi degli schiavi africani, traspotati ai tempi del colonialismo su galeoni inglesi x sottometterli ai lavori forzati, sono oggi coloro i quali vivono in queste terre o pescano nelle loro acque.

26/03/2007 - Coban - 1320 mt

Di ritorno in Guatemala!
Dopo aver attraversato il Belize sono giunto alla sua estremita' meridionale: Punta Gorda.
Da li' si prende una "lancha" che in 45 minuti attraversa il piccolo "Gulfo de Honduras" e approda a Livingston, un paesotto posizionato sul piccolo sbocco al mare dei Caraibi appartenente al Guatemala.
Livingston e' il punto in cui il grande Rio Dulce riversa le sue acque sul golfo, risalendo il fiume si attraversa la giungla abitata ancora dai diretti discendenti dei Maya e si giunge al Lago de Izabal, il maggior lago guatemalteco.
Da laggiu' mi sono diretto nuovamente verso nord, fino a raggiungere "Las pozas de Samuc Champey", una serie di pozze d'acqua color turchese formate x l'erosione di roccia carsica... descriverle e' arduo, immaginarsele credo ancora di piu': sono una serie di tunnel profondi e di cascate che si fanno strada all'interno di strati rocciosi lasciando alle acque in superficie la liberta' di scorrere tranquillamente all'interno di piscine naturali che si susseguono verso valle a gradoni fino a ricongiungersi con le impetuose acque delle rapide sotterranee, in pratica differenti corsi d'acqua che si sono sviluppati su due piani distinti.
Devo dire che sono un po' stanco, domani me ne vado ad Antigua x cercare un po' tranquillita' e fermarmi qualche giorno.

mapa de Belize

spedizione a "El Mirador" (II parte)










"Alle 14:30 l'allegra compagnia parti' verso Carmelita, l'ultimo paese alle porte della selva del Peten.
La strada preannunciava gia' le difficili condizioni del viaggio, piu' volte il bus si impantano' in enormi buche innodate dalle abbondanti piogge dei giorni precedenti.
Dopo un viaggio durato circa 4 ore i giovani scesero dal mezzo guardandosi attorno: un grande spiazzo di terra battuta dove le erbacce cervano di farsi strada. Forse quello che un tempo doveva costituire una pista d'atterraggio per aerei bimotori. Attorno una specie di circolo di capanni recintati e alle spalle di questi i grandi alberi dove cominciava la foresta.
Subito accolti da Angel, la loro guida, i giovani si presentarono al resto della spedizione: Alex, l'aiutante di Angel e Mario, il responsabile dei muli e del cavallo. I 3 uomini erano esperti "chicleros" e conoscevano la foresta come le loro tasche. El Pimpi avrebbe dovuto da li' in poi proseguire per 5 giorni assieme a questi 3 individui e assieme al resto della spedizione. Assieme a lui si trovavano Thajys, un giovanissimo olandese, Hano, un avventuriero tedesco con alcuni problemi di salute che, nonostante tutto, non l'avevano mai ostacolato nelle sue spedizioni "off-limits" attorno a tutto il globo e i 3 israeliani Tom, Rachel e Jonnath. Piu' di 200 litri di acqua purificata sarebbero stati caricati sui dorsi dei muli, assieme alle tende, al cibo sufficiente e ad alcune lenzuola pulite.
La spedizione percorse quasi 70 km in mezzo all'intricata selva, in mezzo a pantani che rallentavano e appesantivano il passo, su' e giu' per pendenti colli dove si potevano osservare le recenti profanazioni delle tombe Maya presenti lungo il cammino.
Il passo doveva essere rigorosamente spedito, onde evitare di perdersi tra le centinaia di sentieri al calar del sole, quando l'oscurita' invade tutto. Prima del giungere della sera la spedizione trovava un ex-accampamento di "chicleros" dove montare le tende e preparare un pasto caldo.
La seconda tappa fu particolarmente faticosa: piu' di 8 ore di cammino nell'afa piu' totale, con un'umidita' che quasi toccava il 100%. El Pimpi grondava di sudore senza sosta, la sua canottiera si sarebbe potuta facilmente spremere come un'arancia. Il caldo e la fatica non gli davano pace e di certo le punture delle decine di zecche che si arrampicavano sul suo corpo non facilitavano la traversata. Finalmente, poco prima del tramonto, l'esausta compagnia giunse all'accampamento de "El Mirador" dove l'attendevano alcuni uomini di guardia alle rovine.
Osservare il tramonto dalla piramide de "El Tigre" in quel momento ricompensava di ogni ora passata a implorare l'arrivo alla citta perduta.
Il giorno seguente fu dedicato interamente alla visita del leggendario sito archeologico.
Una guardia accompagnava i giovani in mezzo a quello che un tempo dovevano essere i fastosi templi di una metropoli Maya. Di resti archeologici si poteva osservare ben poco, in quanto ancora tutto giaceva sotto strati di humus e grosse radici che si facevano strada tra i blocchi di pietra.
Si poteva pero' distinguere perfettamente l'inizio di un grande basamento che si estendeva per centinaia di metri quadrati. Da li' si inalzava qualcosa di simile a una montagna che in realta' costituiva una piramide gigantesca.
Dopo aver scalato un qualche centinaio di gradini di terra battuta, el Pimpi si ritrovo' alla sommita' della gran piramide che con gran stupore mostrava la presenza di una immensa piazza dove giacevano nuove montagne gigantesche. L'incuriosita compagnia percorse interamente tutta la piazza fiancheggiando gli edifici sepolti dalla selva e dopo alcuni minuti si ritrovo' nuovamente di fronte a una grande montagna, quello che era sicuramente la piramide piu' alta. El Pimpi si arrampico' ancora una volta su per i gradini e arrivato in cima si levo' con la mano il sudore che gli bruciava negli occhi.
Al riaprire gli occhi 3 grandi montagne si ergevano di fronte a lui e quella centrale si inalzava nettamente di decine di metri sopra alle altre. Sbalordito, decise quindi di affrontare tutto in una volta la fatica e scalo' nuovamente la piramide di terra ma in cima a questa si trovava una nuova piramide, questa volta spoglia della vegetazione e con i blocchi in pietra ben visibili.. tutto attorno giacevano le impalcature degli archeologi e alcuni blocchi numerati. Ma com'era possibile?
Dalla base non si distinguevano tutti questi immensi gradoni...
Il centro de "El Mirador" costituiva certamente un colosso senza eguali. Immense piramidi una sopra l'altra. Era come se el Pimpi stesse esplorando le rovine di Atlantide, la leggendaria citta' scomparsa del famoso mito.
Dalla cima della punta di questo incredibile complesso piramidale si poteva osservare la foresta per chilometri e chilometri di distanza.
Esausti, i giovani tornarono all'accampamento per mettere qualcosa sotto ai denti e scambiarsi i pareri su quanto avevano potuto osservare nella passeggiata tra le imponenti rovine.
I giorni successivi non furono meno faticosi dell'andata, ma l'allegra compagnia era soddisfatta di aver assistito alla visita di tanta magnificenza ancora cosi' poco conosciuta.
Al termine della spedizione le strade dei giovani si separarono, accompagnando ognuno di loro verso un distinto cammino".

Indiana Masons

spedizione a "El Mirador" (I parte)

"Erano ormai anni che el Pimpi ne aveva sentito parlare e i suoi misteri lo avevano affascinato tanto che spesso si perdeva a fantasticare e ad immaginarsi in mezzo a quelle incredibili rovine immerse nella foresta piu' fitta.
"El Mirador" costituisce oggi la citta' Maya piu' grande del MesoAmerica.
Le sue rovine sono state scoperte soltanto negli anni '70, quando alcuni "chicleros" inoltrati nella selva del Peten per cercare la famosa gomma, linfa dei grandi alberi del chicle, furono sorpresi da un puma che li mise in fuga disperdendoli in distinte direzioni.
Dopo alcune settimane uno di questi fu di ritorno a Carmelita completamente inpazzito.
Quasi morto di sete e completamente affamato il chiclero balbettava, con occhi persi nel vuoto, parlando di un'incredibile scoperta.
Laggiu' nella giungla piu scura aveva trovato qualcosa di inimagginabile: le rovine di una misteriosa citta' di proporzioni mai conosciute prima. Completamente ricoperta dalla vegetazione, la citta' faceva spazio a una grande piazza in cui si poteva scorgere una piramide altissima dalla cui cima si poteva vedere a distanza di chilometri e chilometri.
Alcuni anni dopo usci', sorprendendo tutti, una pubblicazione della National Geographic che riportava un articolo della sensazionale scoperta, forse la piu' grande scoperta in campo archeologico di tutti i tempi: il ritrovamento delle rovine del Mirador.
Sono molte le rovine Maya ancora nascoste nella selva del Peten ma il Mirador e' unico, si parla della citta' Maya piu' antica in assoluto, probabilmente la prima ad essere stata costruita e incredibilmente anche la piu' grande di tutte, forse la capitale della civilta' Maya.
Laggiu', sepolta nella selva, non si trova solo una citta' abbandonata da secoli ma probabilmente anche il grande mistero dei Maya. Essendo le piu' antiche e grandi rovine Maya forse il loro studio potrebbero portare a interessanti scoperte su questa misteriosa civilta' .
Nonostante tutto, dopo la pubblicazione della NG, el Mirador torno' a nascondersi nell' ombra della foresta e per anni, quasi che nessuno se la ricordasse, non se ne parlo' piu'.
Agli inizi del nuovo millenio un archeologo statunitense torno' ad interessarsi della citta' perduta e furono organizzati alcuni scavi. Le impraticabili condizioni metereologiche durante la stagione delle piogge, la grande distanza da un centro abitato e le dimensioni immense di questo sito hanno fatto si' che ancora El Mirador sia rimasto completamente inesplorato e solo una milionesima parte delle sue rovine e' stata riportata alla luce durante gli sporadici scavi.
El Pimpi ora stava viaggiando attraverso le terre del Guatemala e proprio li' si ricordo' di quanto aveva letto anni prima. Durante un volontariato nella selva incontro' Berna, un tizio guatemalteco sulla trentina, che lavorava per il ripristino ambientale dell'area. Berna conosceva molto bene la foresta e in una di quelle notti a lume di candela di fronte ad alcune cervezas gli venne in mente di entrare nell'argomento del Mirador. Berna conosceva da diversi anni quelle rovine, e in un paio di occasioni gli era pure capitato di attraversarle in una delle sue campagne. Come per incanto el Pimpi si era risvegliato, ora il suo interesse era completamente rivolto ai misteri di quell'incredibile citta' nascosta.
La conversazione segui' per ore e visto che l'insaziabile voglia di conoscere del Pimpi non aveva limiti, Berna si propose di accompagnarlo fin laggiu' per un modico prezzo, a patto che lui si interessasse di tutti i dettagli della spedizione per poter raggiungere le remote rovine.
El Pimpi non poteva credere alle proprie orecchie, Berna si stava offrendo di fargli da guida in un incredibile avventura: quella che lui sempre aveva sognato!
Il giorno seguente el Pimpi comincio', durante le pause di lavoro, a pianificare rigorosamente tutto.
Bisognava arrivare a Carmelita e fermarsi la prima notte la', da li' sarebbe poi partita l'avventura: un percorso di 60 km dentro la giungla, circa 5-6 giorni di cammino fra andata e ritorno.
Bisognava pensare al cibo e all'acqua, alle tende e sacchi pelo, a tutto l'indispensabile per l'accampamento e ad almeno 2 muli per trasportare il tutto attraverso l'accidentato percorso.
Non era facile ma nemmeno impossibile visto che el Pimpi aveva organizzato diversi accampamenti negli anni passati nelle pietrose terre de El Parareit.
Al centro di volontariato el Pimpi aveva anche conosciuto un ragazzo di nome Thaijs, un giovane olandese in viaggio attraverso Messico e Guatemala. Anche Thaijs era da tempo che si era interessato a questa affascinante leggenda del Mirador e la proposta di un'avventura nella selva lo alettava molto.
Ad ogni modo el Pimpi sapeva bene che era meglio non illudersi troppo delle facili promesse dei guatemaltechi... e la delusione arrivo' presto.
Berna, da un giorno all'altro', comunico' al Pimpi che non poteva mollare il lavoro cosi' su due piedi e che quindi, almeno per quel momento, della spedizione non se ne poteva fare niente.
El Pimpi si vide crollare il mondo addosso in un istante... un sogno spento sul nascere.
Ma non si dette per vinto. Comincio' quindi a chiedere in ogni luogo informazioni per una possibile spedizione verso il cuore della selva del Peten, e cosi', al ritorno dal volontariato scopri' che ce n'era una che aveva buone probabilita' di partire casualmente proprio in quei giorni, era necessario solo un buon gruppo di persone, indispensabili per coprire il caro prezzo di tale spedizione.
El Pimpi non mollo' la presa e nel giro di un giorno visito' i numerevoli alberghi della zona x cercare volonterosi avventurieri capaci di affrontare questa avventura... la pazienza diede finalmente i suoi frutti e cosi' il 14 di marzo del 2007 un gruppo di 6 persone con la loro guida parti' alla ricerca delle misteriose rovine del Mirador attraverso una delle forsete piu' grandi del centro America, la selva del Peten, nel nord del Guatemala".


Luoghi, fatti e persone potrebbero non corrispondere alla realta' ed essere puro frutto della fantasia.

Misteri Maya


I Maya rappresentano una delle civilta' piu' "grandi" che sia fiorita sul pianeta Terra. Sparse attraverso le foreste dello Yucatan e le terre montagnose dell'attuale Guatemala, esiste un numero incredibile ddi citta' antiche, di templi, di piramidi a gradoni, di piazze e centri cerimoniali squisitamente adornati con pietre scolpite di iscrizioni geroglifiche.
Sperduti nelle giungle dell'America Centrale i Maya si presentavano tanto "elevati" quanto remoti. Piu' che la loro apparizione nella storia del continente Meso Americano, quello che ci sorprende maggiormente e' la loro improvvisa scomparsa. Nell'anno 830 D.C., dopo 500-600 anni di intensa attivita', I principali centri furono lasciati alla merce' del tempo e della selva. Di tutti gli enigmi lasciati dai Maya questo sembra essere il piu' grande!
Esiste la possibilita' che i Maya abbandonarono coscentemente la loro civilta' quando questa stava al suo apogeo.
Pero-, se fosse cosi', perche' lo fecero? Se a questo si somma l'mprovvisa sospensione delle costruzioni e particolarmente del registro delle date attorno all'anno 830 D.C. il Mistero Maya si infittisce.
In un qualche momento non troppo lontano a 2000 anni fa un popolo chiamato Maya comincio' a lasciare indizi importanti della sua presenza in America Centrale. In questa area (Messico e Yucatan principalmente) i Maya erano stati preceduti da un gruppo misterioso chiamato Olmechi, le cui origini lungo la linea costiera del Golfo del Mesico datano almeno 4000 anni fa, e dai Zapotechi delle terre montagnose di Oaxaca, al sud del Messico, il cui gran centro, chiamato Monte Alban, fu fondato nell-anno 600 D.C. Coincidendo con l'apparrizione dei Maya fiori' la gran metropoli di Teotihuacan, situata al centro del Messico, qualche decina di chilometri a nord-est dell-attuale Citta' del Messico.
Sebbene avessero in comune con i loro vicini un'agricoltura basica, un calendario sacro di 260 giorni e il gioco della "pelota", i Maya erano diversi artisticamente ed intellettualmente. Avendo dato inizio alla loro storia forse da un centro collocato nel Peten, nella giungla guatemalteca, ed estendendosi da li' verso TikalPalenque, Copan e Quirigua, gia' nell'anno 500 D.C. vennero inalzate le piramidi e i templi piu' grandi e furono scolpite gigantesche stele sulle quali ogni 5, 10 o 20 anni si registravano date e altre informazioni. Dopodiche, con la fine del Baktun 9 e l'inizio del Baktun 10, nell'anno 830 D.C., giunse l-improvvisa decadenza o scomparsa del Periodo Classico Maya. Alla fine del secolo X la scena Maya, o meglio dei suoi discendenti, appare completamente distinta. Nel nord dello Yucatan era iniziato un mescolamento tra i maya e i suoi vicini messicani Toltechi. Nonostante si raggiungano grandi conquiste architettoniche, come quelle che si possono ammirare a Uxmal e Chichen Itza, gia' non compaiono piu' grandi monumenti di pietra che registrano date interminabili e dati astronomici.
Quello che in realta' giace nella giungla delle terre basse del Peten e' mplto differente da quello che descrive l'archeologia. Come una costellazione stellare impressa nelle giungle dell'America Centrale, il modello che congiunge i diversi centri della era Classica si fa strada attraverso il labirinto del tempo. I templi piramidali e le piazze sparse con grandi monumenti di pietra, scolpiti riccamente di geroglifici e dati astronomici, rappresentano un'operazione di registro cientifico piu' preciso di qualsiasi altra conosciuta dall'umanita'. In realta', presi come un tutt'uno, i centri Maya dell'Era Classica del Baktun 9, sembrano una precisa rappresentazione di una mappa cosmica.
Evidentemente per i maya del Classico piu' importante che conquistare territori e di gettarsi in sanguinose battaglie, fu la necessita' di annotare i cicli del pianeta Terra attraverso un singolare sistema matematico. I Maya riuscirono infatti a ideare un Codice Sacro, denominato Tzolkin, che rappresenta una matrice matematica molto semplice che permette il maggior numero possibile di trasformazioni astronomiche, trasmissioni e trasduzioni, in una parola, e' una vera e propria tavola periodica delle frequenze galattiche.
Il Tzolkin e' formato da da 13 numeri e 20 simboli e gli stessi 20 simboli non sono altro che numeri nascosti sotto le vesti di geroglifi. Il Calendario Sacro e' una specie di alfabeto: combinando numeri e simboli si puo' esprimere un'infinita' di nozioni e si apre la strada al conoscimento. La ripetizione dei giorni (Kin) crea cicli armonici chiamati vinal, tun, katunes, baktunes, ecc..... e le sequenze dei cicli armonici presi come insiemi piu' grandi, descrivono le frequenze o calibrazioni di un ordine piu' grande, quello del pianeta Terra in relazione al Sole e alle galassie che stanno piu' distanti.
Alla fine del secolo XIX, archeologi e pensatori puramente "scientifici"tali come Alfred P. Maudslay, Ernest Willen Forstemann e Herbert J.Spiden si sono destreggiati nel tentare di comprendere il sistema matematico e astronomico dei Maya. Nel 1927 si completo' quello che si conosce come la correlazione della cronologia Maya-Cristiana di Goodman-Martinez Hernandez-Thompson. Questo ubica l'inizio del "Gran Ciclo" Maya tra il 6 agosto e il 13 agosto dell'anno 3113 A.C. nel calendario cristiano. nella cronologia maya questa data si scrive cosi': 13.0.0.0.0. Questa stessa data si ripetera' il 21 dicembre dell'anno 2012 D.C.
Questo significa che tra la prima data e la seconda sono trascorsi 13 cicli di poco meno di 400 annicada uno. Questi grandi cicli furono chiamati dai Maya Baktunes. Visto che nella data 13.0.0.0.0. il coefficiente 13 si riferisce al culmine di un Gran Ciclo di 13 baktunes, il primo baktun di un nuovo ciclo e- effettivamente il Baktun 0, il secondo e' il Baktun 1, e cosi' via. Quella che viene chiamata civilta' Classica Maya si e' sviluppata quasi completamente nel decimo ciclo, il Baktun 9, 435-830 D.C.
Quello che troviamo veramente registrato nei grandi monumenti di pietra e in alcuni dei rari codici esistenti o manoscritti pitturati sono la relazione tra l'armonia galattica e i cicli dei pianeti. Per questa ragione in luoghi come Copan, Quirigua e Tikal i maya inalzavano "registratori del tempo" ogni 5, 10 o 20 anni. Ma non erano solo anni quello che commemoravano se no numeri armonici che appaiono come equivalenti fattorizzati di 5, 10 e 20 anni. Cosi' 5 "anni" sono in realta' una calibrazione di 1800 kin, 10 "anni" 3600 kin e 20 "anni" sono 7200 kin.
Queste calibrazioni armoniche - 1800, 3600, 7200, ... kin -corrispondono a misure di un modello galattico o raggio di sincronizzazione. E' come se i maya credessero che la Terra fosse entrata in un immenso raggio galattico emanato da un nucleo cosmico! Dalla prospettiva maya questo raggio avrebbe un diametro di 5200 tun che si traduce in 5125 anni terrestri di diametro. L'inizio del nostro ingresso in questo raggio corrisponde al 13 agosto del 3113 A.C. Avendo 5200 tun di durata, il modello armonico, il modelloarmonico galattico appartiene a una serie difrattali basati sul numero 52. Dovendo la Terra atraversare l'intero diametro del raggio galattico, il nostro pianeta lo avra' interamente percorso interamente in un totale di 5125 anni, uscendone nel 2012. A questa data la Terra avra' concluso il suo ciclo. E' strano osservare che la data 2012 compare spesso anche in molte profezie di differenti religioni o antiche civilta' del nostro pianeta. Ma il codice Tzolkin non fu ereditato per preannunciare la fine della vita sulla terra, se non per permettere la conoscenza dell-inizio e dell afine del ciclo, al termine del quale si effettuera' il "gran passo", quello di una nuova era.
Per comprendere esattamente di cosa si tratta e' meglio lasciar perdere le fantasiose teorie di centinaia di studiosi che si sono cimentati in quetsa ardua impresa e aspettare i 5 anni che ci separano dal misterioso appuntamento con il nostro destino.
Il baktun 9, ossia il decimo ciclo, fu il periodo piu' importante per registrare le correlazioni armoniche del raggio galattico con il ciclo annuale della Terra, del Sole, della Luna e di tutti gli altri pianeti del sistema solare.
In questo periodo i Maya cominciarono a costruire e a registrare conmaggior fervore come mai si era verificato. Questa attivita' si sviluppo' non solo a Tikal ma anche a Copan, Quirigua e palenque, e in molti altri centri. Sembra quasi che i Maya si stessero preparando.... tutto doveva essere pronto per un momento esattamente preciso.
Il momento non e' un mistero e fu scoperto da Ernst Forstemann che lo individuo' nella data maya 1366560, un numero fenomenale, divisibile o con possibilita' di essere fattorizzato per tutti i numeri chiave corrispondenti a tutti i cicli armonici. Come numero Kin trascorso dal 3113 A.C., il 1366560 corrisponde alla data 631 D.C. Se ci fosse una fase galattica significativa in accordo con le credenze maya questa si troverebbenel periodo di 52 anni tra il 631 e il 683. Questo lapso di tempo casualmente corrisponde alla durata della vita del famoso Pacal Votan, sovrano di Palenque. la sua tomba, unica in tutto il Mesoamerica, e' la sola che possa essere comparabile alla tomba della gran piramide di Giza in Egitto. Fu scoperta all'interno del Tempio delle Iscrizioni di Palenque.
Portata alla luce solo nel 1952, la tomba di Pacal Votan si e' convertita in una delle piu' celebri e sensazionali meraviglie dei misteri maya. la scultura che si trova sul coperchio del sarcofago e' stata interpretata in differenti modi e c'e' chi la descrive come un astronauta in una capsula spaziale o comela rappresentazione di un re che alla mortediscese verso le fauci del mostro Terra. Qui inizia la leggenda di pacal Votan, "maestro galattico", che dichiaro' egli stesso di essere un serpente, un iniziato, un possessore della conoscenza.
La leggenda racconta che Pacal Votan, sebbene in apparenza mortale, fosse tornato alla sua patria stellare, in un'altra dimensione, a Valum Chivim. Una volta giunto la' informo' che i Maya sulla Terra erano in grado di interpretare e conoscere le relazioni galattiche e l'attivita' armonica relazionata con la Terra all'interno del raggio galattico di 5200 tun. Curiosamente esiste un "tubo di comunicazione" che va dalla
Piramide delle Iscrizioni fino alla Torre dei Venti, una struttura architettonica unica tra le rovine maya e che si presume fosse una torre di osservazione astronomica di assoluta precisione.
Leggende di Pacal a parte e' probabile che la soluzione dei misteri maya stia sotto ai nostri occhi.
La spiegazione di tanti dubbi sta proprio in quelle pietre lasciate a testimonianza della presenza di una civilta' "avanzata". Ma come sono riusciti i Maya,senza cavalli, ne' ruote, ne' metalli a costruire delle vere e proprie metropoli dell'eta' della pietra? Quanti uomini avranno utilizzato? E come sono riusciti a trovare i materiali per inalzare edifici cos' imponenti e tanto duraturi nel tempo?
Uno studio effettuato dagli archeologici de "El Mirador", quella che, secondo le ultime fonti, dovrebbe corrispondere alla capitale del popolo Maya, dimostra che per poter costruire una citta' cosi' grande era necessario tagliare milioni di blocchi e produrre migliaia di tonnellate di calce.
Ma come si produceva la calce all'epoca? Era necessario semplicemente trovare le opportune pietre, tagliare qualche ettaro di foresta e forse, dopo un giorno di lenta combustione delle pietre, un quintale di calce era pronto per fissare qualche metro cubo di parete. immaginarsi per costruire un'intera citta'... forse si sarebbe dovuta abbattere l'intera foresta, forse non siamo troppo lontani dalla realta' e da quello che e' accaduto.
Del resto... un terreno ricco solo superficialmente come quello della giungla non puo' dare da mangiare per lungo tempo e in abbondanza quando viene eroso e completamente dilavato per mancanza di protezione arborea....
percio' senza piu' cibo e con un disastro ambientale alle spalle la cosa piu' ovvia da fare sarebbe quella di cercare un'altro posto dove andare a vivere. Le ultime ipotesi degli archeologici interessati allo studio de "El Mirador" spiegano che probabilmente la stessa dinastia di questa imponente citta' sia quella che successivamente abbia fondato Tikal. Tutto questo sviluppo senza regole, questo degrado ambientale e questa crescita verticale della popolazione ricorda non troppo vagamente quello che sta avvenendo ai giorni nostri... non sara' che il Calendario Maya e tutti i geroglifi sparsi per il Mesoamerica costituiscano dei messaggi semi-profetici di avvertimento per le generazioni posteriori?
Il 2012 e' alle porte, basta solo aspettare pochi anni!

> MUSICA

Se cerchi musica come sottofondo per la lettura di questo blog la puoi ascoltare accedendo direttamente a questo link creato appositamente per l'occasione... e' facile basta un click:
http://www.archive.org/details/Frida

9 mar 2007

La prima "Frontera"















08/03/2007 - Flores (Guatemala) - 110 mt

Come si puo' ben intendere ho da poco varcato il primo confine: ora sono in Guatemala!
Ed ecco il resoconto degli ultimi avvenimenti in pillole:

VOLONTARIATO IN CHIAPAS
I giorni di volontariato a EZ sono volati in un baleno.
Fotunatamente sono riuscito a far ripartire i due progetti che si erano bloccati nella comunita': la zapateria e l'orto biologico ora dovrebbero avere gli strumenti sufficienti per poter essere gestiti direttamente dai "campesinos".
Negli ultimi giorni Liam e Zoe, gli altri due campamentisti, mi hanno anche proposto di aiutarli nel loro compito di istruttori nel progetto educativo e cosi' Masoni si e' improvvisato insegnate, concentrando le lezioni sui cicli della natura e sull'importanza di non alterarli artificialmente. Gli alunni, gia' scarsi perche' la maggiorparte di loro era in "marina", impegnati nella raccolta di "caracoles" (lumache) giu' al fiume, non prestavano troppa attenzione e piu' di una volta devono aver bisbigliato "Che 2 maroni sto Masoni!"... tutto rigorosamente in "Tseltal", la loro lingua indigena, in modo che io non potessi comprendere assolutamente nulla.




Da EZ mi sono mosso poi a PV x fare il resoconto di altri progetti portati avanti in questa comunita'. Qui mi sono fermato solo alcuni giorni ma per mancanza di "carros" di passaggio la mia permanenza si e' prolungata oltre il previsto e ho dovuto aspettare che alcuni degli abitanti si muovessero dal paese per poter proseguire il mio cammino... ho passato le notti qui dormendo sulle panche di una piccola chiesetta. Sono ripartito assieme ad alcuni campesinos alle 3 di notte, quando Hill, uno di loro, mi ha gentilmente svegliato avvisandomi che probabilmente un carro sarebbe passato di li' a poco... cosi' abbiamo cominciato ad incamminarci per una stradina sterrata, illuminata soltanto dalle stelle del primissimo mattino, che percorreva campi di canna da zucchero e mais... dopo 30 minuti il carro e' arrivato e ho definitivamente lasciato le terre di PV.

PALENQUE
Nello spostamento tra una comunita' e l'altra ho fatto una breve sosta a Palenque visitando le bellissime rovine dove e' stata riesumata, tra le altre cose, la tomba del enigmatico re Pakal, il cui coperchio secondo alcuni studiosi, potrebbe rivelare importantissime informazioni sui misteri dei Maya.

Per questo motivo la tomba e' stata spostata in un luogo piu' sicuro, alcune voci indiscrete mormorano che ne' quella presente al museo di Palenque, ne' quella del museo di archeologia di Citta' del Messico, siano le originali. Le incredibili misure di sicurezze adottate x questo preziosissimo resto archeologico fanno presumere che ci sia in ballo qualcosa di veramente grosso!
A Palenque ho ritrovato 2 amiche argentine che avevo conosciuto a SanCris. Era casualmente il giorno del mio compleanno e le ragazze m'hanno regalato uno squisita torta dopo una cenetta sotto la veranda di una "cabaña" a "El Panchan", un complesso di campeggi alle porte delle rovine immerso nell'afosa selva, ritrovo prediletto dei viaggiatori di tutte le Americhe. Qui e' un continuo scambio di informazioni sugli spostamenti di ogni singolo viaggio, tutto a ritmo di jambe', ammirando gli spettacoli improvvisati di giocolieri e mangiafuoco.

LA FRONTERA
Esaurito il mio tempo presso le comunita' ho lasciato il Chiapas affrontando il confine piu' a nord tra Messico e Guatemala: "la frontera de Corozal". Questo e' un confine decisamente poco battuto ma allo stesso tempo piu' veloce per quanto riguarda le faccende burocratiche.
Per arrivarci si lascia alle spalle Palenque fino a raggiungere i limiti della "Reserva Lacandona", quello che rimane della famosa "Selva Lacandona", una foresta, un tempo gigantesca, abitata da indigeni che ancora oggi vestono lunghe tuniche bianche e portano lunghissimi capelli neri aggrovigliati.
Il confine qui a nord e' segnato dal Rio Usumacinta, il piu' grande fiume compreso tra il Venezuela e gli Stati Uniti. Piu' a nord l'affluente San Pedro viene usato dai trafficanti di resti archeologici come pista x muovere i preziosi carichi attraverso la giungla.
Arrivato a Corozal trovo l'ufficio immigrazione chiuso. Assieme a me c'e' un tizio israeliano impaziente di passare il confine (ma dalla parte opposta) x raggiungere Palenque, dove l'ho attende una "festa della Luna".
Ci decidiamo ad andare a scovare l'impiegato statale proprio a casa sua.. e li' lo troviamo, comodamente seduto a tavola a pranzare. Lui si scusa e in pochi minuti si ritorna all'ufficio immigrazione e si risolvono le pratiche e i timbri per poter ufficializzare l'uscita dal paese.
Mi allontano dall'ufficio e mi dirigo al vero confine: il fiume.
Li' una "lancha", una piccola piroga a motore, mi porta verso l'altra sponda mentre saluto definitivamente e con un po' di tristezza il Messico.
Mi trovo in Guatemala, anche se non si nota un vero cambio di atmosfera e anche se la strada in salita verso il paesino non sembra proprio un'entrata a un posto di confine. Potrebbe sembrare di piu' uno scherzo del traghettatore, ormai in mezzo alle correnti del fiume in moto verso il Messico.
Mi trovo a "La Tecnica", il punto abitato piu' vicino a Corozal. Chiedo a un "panzon" di passaggio per un carro o un bus diretto a Flores e questo tarda nel darmi la risposta, percepisco gia' i suoi neuroni, nella trasparenza della sua testa, muoversi turbulosamente x trovare nel modo piu' rapido possibile la maniera di guadagnarci qualcosa dalla risposta... e cosi' scopro che x il resto del giorno non esistono piu' mezzi che partono dal paese e mi ritrovo a dormire a casa sua, una specie di pensione che pero' ha piu' l'aspetto della casa dei suoi.... ad ogni modo ho la mia stanza e la possibilita' di farmi una doccia fresca che possa rimuovere, almeno x qualche decina di minuti, il sudore grondante di questo clima ormai tropicale. Trascorro la serata a chiaccherare con il padre del "panzon" che mi racconta dei tempi di guerra, non troppo lontani, in cui la famiglia ha dovuto lasciare il paese x non rischiare di morire amazzata.

ARCAS
Partito su un bus sgangherato dopo 4-5 ore di viaggio arrivo a Flores, sul lago Peten Itza, al centro del Peten, un'enorme regione del Guatemala settentrionale, che ospita una delle foreste tropicali piu' grandi dell'America Latina e sede della maggior concentrazione di rovine Maya ancora sconosciute.
Mi trovo qui per un secondo volontariato, questa volta si tratta di ARCAS, una ONG che concentra le sue attivita' nella riabilitazione di animali selvatici scappati al bracconaggio.
Il centro di ARCAS si trova vicino a Flores, in una piccola riserva immersa in un bosco tropicale che circonda il lago. Per arrivarci si prende una "lancha" che dopo 20 minuti di traversata giunge in una laguna nascosta e interamente ricoperta da grandi ninfee.
Al centro vengono riabilitati diversi animali, tra cui scimmie, "tigrillos", giaguari, altri mammiferi della giungla, tartarughe di lago, un piccolo caimano e centinaia di uccelli. Per il momento sono stato assegnato alla gabbia dei dispettosi papagalli.
C'e' di che stare attenti, soprattutto ai serpenti notturni, che di notte escono allo scoperto in cerca delle loro prede... qui, poco tempo fa, e' anche stato avvistato il temibile serpente corallo, uno dei piu' velenosi al mondo. Giusto per stare tranquilli, a lato dello stabile dove dormono i volontari, alcune tarantole c'hanno costruito la loro tana e mentre stai al cesso puoi anche avvistare qualche scorpione... ma dicono che non sono pericolosi, la loro puntura e' solo maledettamente dolorosa!
Con me lavorano altri 13 volontari, piu' o meno tutti europei, e collaborano altri 6 o 7 impiegati del CONAP, l'organizzazione ambientale statale guatemalteca.
Non prevedo di rimanere qui molto a lungo, anche se meriterebbe la pena. Al termine si riparte x la visita del Guatemala.

5 mar 2007

mapa de Guatemala

"Saccheggi nella selva del Peten"

Sul litorale caribeño di Quintana Roo (penisola dello Yucatan), lungo la strada che corre da Escarcega verso Chetumal, al confine con il Guatemala, alcuni uomini tagliano il legno prezioso che viaggia verso le imbarcazioni mercantili dirette verso gli Stati Uniti.
Quando si approssimano le pioggie in queste regioni senza stagioni intermedie, centinaia di uomini, donne e bambini venuti da tutta la regione si riuniscono a Carrillo Puerto, Leona Vicario o Valladolid.
Al primo acquazzone, penetrano a piccoli gruppi nella immensa foresta. Una volta stabilito un centro di azione e l'accampamento, partono a gruppi di 4 o 5 alla ricerca del "Chicozapote". Secondo un'immutabile tradizione, costruiscono a loro volta, ad alcune ore di cammino dall'accampamento principale, un rifugio vicino a una zona dove crescono i grandi alberi: il "chicozapote", il "sak-ya'" dei Maya che fiorisce da marzo a luglio e alimenta gli uccelli con il suo succulento frutto. Pero' gli avventurieri della selva stanno li' per il cauciu'. Il tronco e i rami di questo albero dal legno duro sono irrorati da un lattice, il "chicle", utilizzato dal secolo scorso per la fabbricazione della gomma "inventata" dall'americano Adams e dal dittatore Santa Anna.
I "chicleros" lavorano instancabilmente per i 7 mesi della loro campagna annuale nella giungla, alimentandosi di tortillas, frijoles, arroz e la carne, prodotto della loro caccia. Prima del sorgere del sole scovano il primo albero per inciderlo, quindi effettuano un primo taglio alla base del tronco, nella corteccia, un secondo taglio diagonale, in seguito effettunao un'altro perpendicolare al primo.
Nel punto di unione effettuano un'altra incisione verticale ai piedi della quale apoggiano il bordo di un sacco di grandi dimensioni che ricevera' il lattice.
Il "chiclero" e' prudente nel non chiudere mai il circolo di incisioni attorno al tronco, poiche' l'albeo morirebbe. Il "zapote" cicatrizzera' naturalmente, a ritmo di crescita, le sue ferite e alcuni anni piu' tardi potra' essere inciso nuovamente.
Per la sera, mentre le tortillas e i fagioli si cuociono nella pentola, il "raccolto" di cauciu' si cuoce contemporaneamente in una padella di rame. Gonfiato x la cottura il "chicle" si ripone in contenitori di legno dove si vanno a formare pesanti "mattoni". Trasportati da muli verso l'acampamento principale partono in seguito verso i porti di Chetumal e di Cozumel, prima di imbarcarsi per gli stati Uniti.
Spesso accade che questi uomini vengano reclutati da esperti saccheggiatori delle tombe maya, veri e propri pirati della selva. Grazie alla loro conoscenza della foresta, i "chicleros" si spingono fino alle rovine di antiche citta' inesplorate, completamente ricoperte dalla fitta vegetazione e a questi luoghi conducono gli abili saccheggiatori dove stabiliscono il loro accampamento. Durante alcuni mesi i predatori di tombe, spesso ricercatori scientifici corrotti o mercenari di guerra nordamericani, depredano i palazzi maya di ogni loro ricchezza, pezzi unici che farebbero gola ai piu' grandi musei di archeologia del mondo. Saccheggiate le ricchezze piu' prezziose, smontano l'accampamento, pagano i fedeli "chicleros", eliminano ogni traccia e si mettono in cammino verso il Rio San Pedro (Guatemala) da dove inviano il prezzioso cario verso il Belize. In questo modo il patrimonio archeologico messicano e guatemalteco va ad arricchire invisibili collezioni statunitensi, canadesi e giapponesi.
I collezionisti sono disposti a tutto per possedere tali meraviglie che colmerebbero per un breve periodo il loro insaziabile appetito. Commercianti, galleristi, esperti d'arte e con frequenza perfino banchieri specializzati dipendono dalla pazzia che tocca i collezionisti durante le vendite, aste e loschi scambi di pezzi sempre piu' rari.
Alla fine della stagione e della loro campagna i "chicleros" si precipitano verso le citta': si devono recuperare in alcuni giorni i 7 mesi di vita persi nella selva... e li' l'eterna storia si ripete: si ubriacano fino a cadere. Approfittano per un momento dei piaceri della carne con alcune voraci prostitute che li aiutano a sperperare le loro misere fortune in assurde scommesse, partite di domino e in combattimenti dei galli. Esaurite le ultime riserve questi disperati pensano solo a ritornare alla selva, questa selva a cui appartengno, dove si sentono a proprio agio.