15 giu 2007

Verso sud










14/06/2007 - Isla de Bastimento (Bocas del Toro) - Panama - 8 mt

Sono da pochissimo entrato a Panama, l'ultimo stato dell'America Centrale, il punto piu' stretto di tutto il continente americano.
Dal Pacifico del Costa Rica sono balzato nuovamente ai Caraibi, questa volta su un arcipelago di isolotti che nel complesso formano Bocas del Toro. Mi trovo esattamente a Bastimento, una delle isole piu' tranquille, piu' distanti e piu' autentiche di tutto il suo arcipelago.
Il paesino di pescatori occupa un centinaio di case costruite su palafitte lungo un'unica stradina che l'attraversa interamente; dove termina inizia il sentiero che ti porta dall'altro lato dell'isola attraversando basse colline ricoperte da palme e banani da cui spunta ogni tanto un capanno, individuabile specialmente dal reggae pompato da enormi casse. Prendendo il sentiero e' possibile raggiungere Wizard Beach o Red Frog Beach, due bellissime spiagge incontaminate e poco frequentate.

Qui ho incontrato un sacco di viaggiatori, intendo veri viaggiatori. C'e' Diego, un argentino che ha deciso di lasciare la sua professione di avvocato per dare un giro dell'America Latina; lui mi ha dato buoni consigli per i prossimi mesi. A Bocas del Drago ho poi conosciuto Alejandra, un'altra argentina, una "parchera" che manca da casa da alcuni anni e si e' messa a lavorare con l'artigianato di strada.
Con lei ho scambiato un po' del mio henne' marocchino per alcuni suoi braccialetti.
Poi c'e' Rene'... che tipo! E' apparentemente un tedesco, anche se non lo sembra.. un tipo molto semplice, tranquillo, socievole e molto gentile. Due anni e mezzo fa esce di casa con lo zaino in spalle, saluta sua madre dicendo che va a farsi un giro e da quel momento non e' piu' tornato.
Comincia a scendere l'Europa in autostop, ma nei primi momenti non e' cosi' facile. Attraversando il continente visita nel frattempo i suoi amici.
Giunge in Spagna e da li' attraversa lo stretto di Gibilterra e giunge in Marocco. In Marocco incontra un californiano con simili idee e assieme arrivano alla Mauritania e in seguito in Senegal scroccando passaggi. In Senegal Rene' si imbarca su una barca privata che fa un giro per l'Atlantico toccando Capo Verde, Martinica e cosi' via fino a giungere all'isola S.ta Margarita in Venezuela. Li' si ferma a lavorare per un po'. Trova un'altra barca che lo porta a Panama. Vuole raggiungere il Messico ma trova una barca che lo porta in Colombia, a lui va bene comunque. La Colombia gli piace tanto e si perde un po' per le sue citta', poi torna a Cartagena e si rimbarca per Panama... e' finalmente deciso ad andare in Messico, sale un po' per il Centro America ma in Costa Rica trova un capitano che gli promette di portarlo nello Yucatan ma finisce poi per fare una deviazione a Cuba, e li' si perde per altri due mesi. Finalmente giunge in Messico, dove si incontra con un suo amico appena tornato dal Giappone durante una celebre festa popolare. Dopo il Messico torna a scendere a Panama ed ora e' in attesa di trovare una barca per l'Australia dove si fermera' a lavorare un anno. Teoricamente l'ha gia' trovata, si trova qui di fronte a noi, ma il suo propietario, un sudafricano non atterrera' a Panama prima di domenica... tanto il tempo a lui non manca.


Anch'io ho cercato tra gli annunci di queste barche a vela che si spostano da un mare all'altro e sembra che nella bacheca abbia trovato qualcosa di interessante: si tratta della barca di Roberto, un fiorentino che ora si muove in queste calde acque caraibiche. Sabato la sua barca salpa dal porto di Colon, alla bocca del Canale di Panama, dal lato dell'Atlantico. Pagandogli il passaggio raggiungero' fra un 6-7 giorni Cartagena, in Colombia, visitando prima le incredibili isole di San Blas, abitate dalla comunita' indigena dei Kuna. Perfetto propio quello che cercavo!
In questo modo evito di attravesare via terra o via aerea il confine.
Panama e Colombia sono infatti divise dalla fitta foresta del Darien, una zona quasi inesplorata e visitata soprattutto dai guerriglieri della FARC. Attreversarla e' impensabile. La Transamericana finisce infatti a Yaviza, a pochi chilometri dalla selva, per ricomparire poi in Colombia come la ben nota Panamericana. Negli ultimi decenni i due paesi confinanti hanno tentato di unire queste due grandi vie ma ogni tentativo e' stato vano... dopo pochi mesi di lavori la vegetazione si e' rimangiata in brevissimo tempo tutta la strada. Il governo di Panama successivamente ha deciso di abbandonare ogni progetto, sopratutto per evitare di facilitare la vita ai narcotrafficanti e per impedire l'afflusso dei ben noti problemi colombiani.

Ma Panama e' nota per un'altra importante via di comunicazione: il suo canale, da cui passano centinaia di migliaia di tonnellate di conteiners destinati a raggiungere tutto il mondo.
Il canale attraversa il continente lungo 80 km. Circa 14.000 navi attraversano questo corso d'acqua ogni anno.
La sua storia e' interessante e molto intricata.
La prima idea di un possibile canale da realizzarsi da queste parti e' nata al re di Spagna Carlo V nel 1524, quando il sovrano ha ordinato uno studio geologico di queste terre. Ma a quei tempi sarebbe stato irrealizzabile.
Nel 1878 il governo colombiano, a cui Panama apparteneva, concorda un contratto con Lucien NB Wyse. Questo vende la concessione al diplomatico francese Ferdinand de Lesseps, lo stesso contraente per la costruzione del canale di Suez. I lavori cominciano nel 1881 ma ben presto ci si rende conto che esistono problemi inaspettati. La febbre gialla e la malaria uccisero infatti piu' di 22.000 lavoratori. Il lavoro insostenibile e i debiti che la compagnia comincia a soffrire la mandano in banca rotta. Uno degli ingegneri di Lesseps forma una nuova compagnia per portare a termine i lavori ma anche gli USA sono interessati alla costruzione di un canale in Centro America, possibilmente in Nicaragua. Il francese, incapace di portare a termine i lavori decide di vendere la concessione agli USA. Nel 1903 l'americano Bunau Varilla chiede il permesso al governo colombiano che pero' lo rifiuta.
Nel frattempo Panama rivendica la sua indipendenza dal governo colombiano e gli USA la appoggiano chiedendo in cambio la concessione per il canale. Il 3 novembre del 1903 Panama dichiare la sua indipendenza, immediatamente la Colombia invia le sue truppe ma intervengono grandi navi da guerra americane che fanno cagare sotto i colombiani i quali ripiegano verso casa.
Il 18 novembre, prima che la delegazione panamense giunga a Washington, Bunau Varilla firma un contratto con il segretario di stato americano che concede agli USA la supremazia sul controllo del canale e il diritto di intervenire sugli affari politici di Panama, nonche' di utilizzare una grande potenza militare nelle acque limitrofe. Il contratto viene ratificato nonostante le proteste di Panama. Nel 1904 ricominciano i lavori sullo stretto e i 75.000 lavoratori impiegati alla realizzazione del canale ci impiegano 10 anni a terminare il grande progetto.
La prima imbarcazione che attraverso' il canale lo fece nel agosto del 1914.
Gli States sono intervenuti pio' volte negli affari politici di Panama. Il contrtatto poi e' stato sostituito con un secondo che ha ridotto il controllo americano su questo prospero progetto di grande architettura. Il canale e' rimasto tema di disputa per molti anni tra Panama e Stati Uniti ma ancora oggi, nonostate gli USA abbiano liberato le basi militari in Panama, il passaggio di migliaia di imbarcazioni di tutto il mondo e' sotto l'influenza del controllo americano.
Le navi pagano il passaggio attraverso lo stretto in base alla loro stazza.
La somma piu' alta che e' stata pagata fu di 200.000 $ nel 2001 dalla francese Infinity con un peso di 90.000 tonnellate, la somma piu' bassa fu pagata da Richard Halliburton che nel 1928 pago' 0,36 $ attraversando il canale a nuoto.

14 giu 2007

Arrivano le piogge!















10/06/2007 - Puerto Jimenez (Costa Rica) - 12 mt

Forte o lieve, improvvisa e con grandi acquazzoni o leggera ma costante, a raffiche battenti o sotto forma di nebbiolina... ad ogni modo e' giunta la stagione delle piogge!
Tutto ora e' piu' difficile, i torrenti si trasformano in fiumi in piena, le strade vengono invase dalle acque e i mezzi sprofondano nei fanghi e nei pantani ritardando l'arrivo a qualsiasi meta...
tardando nel scendere prima o poi dovevo pur beccarmela!

Ma andiamo con ordine.
Ero rimasto all'isola del Cocco, a quell'incanto di isola sperduta nel Pacifico.
Lo so.. era un po' che non scrivevo... ma il fatto e' che sono stato "nominato", e cosi' mi hanno abbandonato nella sperduta baia di Chatam, dall'altra parte dell'isola, in una casetta di legno a pochi metri dalla spiaggia.
Mi hanno relegato laggiu' aspettando che qualcuno prendesse il mio posto, e nel frattempo mi e' cresciuta la barba trasformandomi un po' in CastAway.
Alla baia mi e' stato assegnato un compagno, il guardiaparchi Howlet, il quale mi ha subito spiegato che a Chatam vige una regola severa: "En Chatam el dia se hizo para descansar y la noche para dormir!" (... il giorno e' stato fatto per riposare e la notte per dormire).
In pratica una vacanza nella vacanza. Ti alzi a che ora vuoi, ti fai da mangiare, dai una spazzata alle foglie cadute la notte precedente e gia' hai esaurito le mansioni diarie.
Qualche volta, sdraiato sull'amaca appesa a dua palme, alzi il binocolo per dare un'occhiata alla costa, giusto per vedere se qualche barca e' arrivato nelle 2 ultime ore.
Certe volte scende alla spiaggia il propietario di un catamarano per sgranchirsi un po' le gambe e per scambiare 4 chiacchere. Ti racconta delle sue attraversate in barca a vela attorno al globo, della sua prossima meta: le isole Galapagos e poi da li' verso gli arcipelaghi asiatici... una cervecita in compagnia e poi ritorna alla sua casa galleggiante.
Nel mentre Howlet trascorre il tempo spaparanzato sulla sedia a cantare a scuarciagola e a chiedermi (4 ore prima) cosa c'e' di buono per cena.
Sembra il paradiso vero?
Dopo i primi giorni mi sono rotto un po' i coglioni!
Scaduta la mia prova in Chatam era gia' tempo di ritornare verso il continente, questa volta scroccando il passaggio allo yacht OKEANOS.
Ho cosi' salutato tutti, augurandomi un giorno di rivederli, magari sempre li' nell'isola, e sono ripartito in marcia.
Orora mi trovo nella Peninsula de Osa, quel pezzo di terra verdeggiante che si trova a sud del Costa Rica, di ritorno da una vera avventura.
Qui si trova il famoso Parque Nacional del Corcovado... CORCOVADO ... solo a nominarlo si illuminano gli occhi a tutti gli amanti della natura. Certamente la piu' bella riserva tropicale del Centro America e uno dei piu' famosi parchi naturali al mondo per la sua grande concentrazione di flora e fauna.
Devo essere sincero, da queste parti ci sarei passato sicuramente, ma devo ringraziare David per i suoi preziosi consigli.
Grazie ai suoi racconti questo luogo suggestivo mi ha sempre creato grandi aspettative, fino a farmi sognare nelle notti pordenonesi di trovarmi gia' con la mia piccola tenda in mezzo alla foresta dei tropici... e dopo tanto tempo cosi' finalmente e' stato!
Ma devo dire che l'avventura ha superato le aspettative.
Come gia' preannunciato e' arrivata la stagione delle piogge e attraversare una foresta cosi' grande non e' semplice.
Sono arrivato a Puerto Jimenez con la testa bassa... dopo una giornata intera nel bus attraversando una vallata di palme e di banani si e' messo nuovamente a piovere, o meglio, a diluviare.
Il bus mi ha lasciato a una "gasolinera" e da li' o chiesto un passaggio a un furgone assieme ad altri locali. Ci siamo fermati a prendere un caffe' a un capanno per la strada e poi abbiamo atteso un nuovo bus che ci ha portato a destinazione.
A puerto Jimenez sento dire che non e' possibile attraversare il parco perche' il fiume e' troppo alto... mentre il mio umore e' sempre piu' basso.
Ad ogni modo cerco una "cabina" dove passare la notte e il giorno seguente mi muovo per raggiungere La Leona, la prima stazione ranger del parco.
Il parco e' qualcosa di incredibile: una foresta che dalle montagne scende gradualmente verso il mare, racchiudendo un mondo di ecosistemi e di habitat per le piu' svariate specie animali e vegetali.
Per attraversare tutto il parco sarebbe necessaria una settimana.
Solo per percorrere le sue infinite spiagge occorrono giornate intere... poi le cose si complicano un po' per addentrarsi nella giungla, scalare le montagne e attraversare i torrenti.
La Sirena, la seconda stazione ranger si trova nella foresta, poco distante dalla spiaggia, lungo una pista d'atterraggio per bimotori che servono a trasportare i rifornimenti per i guardiaparchi.
Finalmente arrivano buone notizie: 10 giorni fa ha piovuto molto, tanto che il fiume in piena quasi si portava via un uomo a cavallo e cosi' avevano impedito il cammino fino a Los Patos, al limite del parco... ma questa settimana le piogge sono state meno intense sulla montagna e cosi' si puo' ritornare a passare. Spetta a me la decisione di proseguire o tornare indietro.
Mi compare un sorrisone sulla bocca e il temporale notturno non mi molesta piu', anzi... non sapete quanto sia bello dormire dentro una tenda mentre la' fuori cadono enormi gocce che rimbalzano sulle foglie di questi giganti vegetali centenari.
Ogni tanto in lontananza si sente pure qualche vecchio albero cadere con un lento tonfo che fracassa tutto quello che gli sta attorno.
Il giorno dopo avanti in marcia, ma non vi dico la fatica... stremato sotto la pioggia incessante, inseguito da nuvole di zanzare, costretto ad arrampicarmi su' per pareti di fango scivoloso, in mezzo a pantano e melma e cercando il punto adatto per attraversare i fiumi... in piu' di un momento credevo di non farcela, immobile sotto la pioggia scrosciante completamente fradicio di sudore chiedendomi ...PCHE'? PCHE'?
Ma alla fine, quando quasi stavo per mollare, compare un radura e come per magia mi trovo a Los Patos.
La pioggia non molla e in quei pochi attimi che cessa si odono le scimmie urlatrici che emmettono quel terrificante grido che assomiglia piu' al ruggito di un giaguaro che al richiamo di un primate.
Almeno per la notte sono al sicuro, ma il giorno seguente mi aspetta la prova piu' difficile: un percorso che per uscire dal parco attraversa 25 volte il fiume. Nel caso le piogge delle notti precedenti l'avessero alimentato troppo avrei dovuto fare una inversione a U e ripercorrere nuovamente tutta la foresta e la spiaggia per uscire da la'.
Fortunanatamente il punto piu' alto dell'acqua mi arrivava all'ombelico e cosi' sono riuscito a lasciarmi alle spalle la giungla e far ritorno al villaggio dove ho divorato la cena come un animale... che pessima figura!
Tutto bene quel che finisce bene ne'!
Il Corcovado ha pienamente ripagato le mie aspettative... magari continuero' a sognarmelo nelle notti latino-americane.
Intanto la pioggia continua a cadere.