24 mag 2007

Emergenza a Jurassic Park.


24/05/2007 - Isla del Coco


Arrivano i primi problemi!
Parlo di una vera emergenza che sarebbe potuta finire male.
E' successo ieri notte, alle 10 circa, quando la maggior parte dei miei colleghi stava andando a letto.
Lucas, uno dei guardiaparchi che lavora qui all'isola, da un'ultima sbirciata di controllo alla baia di fronte all'ufficio.
D'un tratto balza dentro l'edificio tutto preoccupato dicendo che la' fuori c'e' qualcosa che non va, sostiene che potrebbe essere un'emergenza:
la luce di segnalazione della barca ancorata al centro della baia si trova completamente spostata a sinistra.
Ben presto scatta l'allarme e tutti gli "abitanti" dell'isola corrono alla spiaggia per comprendere cosa succede.
I primi temerari si mettono a correre al buio versa la luce e dopo 20 minuti ritornano confermando che la barca dei guardiacoste del parco si e' schiantata contro gli scogli della baia.
La corrente del mare e il forte vento devono essere riusciti a spezzare la catena che ancorava l'imbarcazione in alto mare e cosi' questa si e' liberata andando ad incagliarsi contro quelle rocce laggiu' in fondo, la bassa marea poi a fatto la sua parte, depositando lo scafo in mezzo a grossi massi che l'hanno intrappolata. Nel frattempo sta tornando l'alta marea assieme alle sue grandi onde. Bisogna fare presto!
La' prima cosa che si fa e' trasportare il gommone in mare, ma l'acqua si e' completamente ritirata lasciando dietro di se' un'enorme spiaggia di sassi e rocce.
Cosi' siamo costretti a trasportare il gommone a mano in 6 di noi, schiacciati da un'enorme peso e impegnati a trattenere il fiato per l'estenuante agonia, terminando tutti a nuotare in mare vestiti per non mollare la presa. Il gommone parte con una fune che si tentera' di legare alla barca per poi trascinare questa fuori dalle rocce.
Allo stesso tempo gli altri fanno il giro della spiaggia, nella completa oscurita', aiutandosi solo con una torcia, per raggiungere la nave a piedi, ma nel mentre l'acqua si e' alzata.
Qualcuno raggiunge la barca a nuoto e ne valuta i danni, altri tentano di smuoverla ma con scarsi o nulli risultati. L'alta marea sta' bene perche' potrebbe aiutare a disincagliare l'imbarcazione, ma allo stesso tempo le forti correnti di risacca stanno un attimo a farti sparire nel fondo del mare e nel buio della notte.
I guardiaparchi in mare vengono trascinati vorticosamente dalle correnti che si schiantano sugli scogli, altri aggrappati alla barca cercano di allungar loro una mano per trarli in salvo.
Si sentono grida e schiamazzi provenire dalla nave ma da questa posizione non si capisce esattamente quello che sta accadendo.
Sulla spiaggia e' tutto un correre fulmineo di torce e di persone che portano qualsiasi cosa possa servire per i soccorsi.
C'e' tensione e un attimo di panico.. non tutti sono preparati all'emergenza, io compreso, cosi', dopo aver dato una mano fin dove si poteva, nei momenti piu' delicati meglio mettersi in disparte per non diventare un peso!
Le manovre di soccorso durano complessivamente due ore e, nonostante qualcuno se la sia vista brutta, tutti sono sani e salvi, compresa la barca che, tutto sommato, non ha riportato grandissimi danni.
Siamo tutti esausti della sfaticata e sono propio questi i momenti in cui uno ripensa alla pubblicita' e vorrebbe tanto un "Vecchia Romagna" per assaporare il gusto pieno della vita, ma ahime' sull'isola non c'e' alchol, qualcuno si e' scolato anche l'ultima goccia del disinfettante dell'infermeria, e bisogna cosi' accontentarsi solamente di una dormita su un sudicio materasso da condividere con ragni e gechi.
Al mattino seguente si e' creata una piccola squadra per preparare il "letto" dove fissare la barca fuori uso: una lunga fila di uomini impegnati a trasportare sacchi di sabbia attraverso il fiume che sbocca nella baia.
Ora sull'isola c'e' un barca in meno che puo' pattugliare il mare.
Ad ogni modo tutto bene quel che finisce bene, del resto il Tirannosaurus Rex sta ancora nella sua gabbia e sull'isola, dopo quel brutto episodio di qualche anno fa finito male, non ci sono piu' stati black-out.

23 mag 2007

Altre FOTO?

Se cercate altre foto del viaggio le potete trovare qui:

Si buscan otras fotos del viaje aqui' las encontraran:

If you are searching for other pictures of the journey here you will find them:

http://www.flickr.com/photos/elpimpi

Link

Allego qui l'indirizzo di un bruttissimo blog che espone le peggiori foto con le peggiori facce che il genere umano abbia mai conosciuto nella sua storia...
Mi raccomando, se avete appena finito di mangiare vi consiglio vivamente di non esplorare questo blog:

http://www.fotolog.com/mrzuppa

Raccomando anche di visitare questo sito dai sapori genuini, qui troverete la musica che stavate cercando ma che non siete mai riusciti a trovare:
http://www.pitjamajusto.com/index.php

20 mag 2007

In rotta verso il paradiso.

19/05/2007 - Baia Wafer (Isla del Coco) - 0 mt.

Il titolo potrebbe anche suonare male... percio' cominciamo tutti dandoci una bella toccatina!!!!!!!!!

Incredibile ma vero: sull'Isola degli Ignoti c'e' internet, e percio' mi sfogo raccontandovi un po' di quello che succede da queste parti.
L'isola, come gia' preanunciato e' un vero incanto.
Una foresta estremamente lussureggiante che non riesce a essere contenuta dalla superficie dell'isola e percio' trasborda, facendo cadere liane, piante rampicanti, muschi, felci e quant'altro giu' dalle ripide scogliere e dalle pendenti montagne. La vegetazione lotta a tal punto che spesso alcuni alberi non riescono piu' a essere trattenuti dalla terra, perdono l'equilibrio e fanno un volo di qualche centinaio di metri giu' al mare sottostante.
L'isola puo' essere assimilata a uno scolapasta verde: dall'alto dei promontori scendono in un tuffo verticale decine di cascate... ma questo forse l'avevamo gia' detto! ... solo che lo spettacolo e' tale che non riesco a fare a meno di ripeterlo.
Ma andiamo con ordine.
Circa una decina di giorni fa sono arrivato a Puntarenas, nella penisola di Nicoya, mi sono diretto al porto da dove dovevo prendere la barca x raggiungere Cocos.
Esiste un'organizzazione convenzionata con il Parco Nazionale dell'Isola del Cocco che si occupa dell' organizzazione di tours x visitare il fondo marino della riserva. A ogni viaggio verso l'isola la Sea Hunter (cosi' si chiama questa organizzazione mezza gringa - mezza israeliana) carica su' le 2 o 3 persone che si danno il cambio x lavorare nel parco, inoltre si prende l'onere di trasportare tutti i vivere necessari alla sopravvivenza dei guardiaparchi e dei volontari dell'isola. In cambio la Sea Hunter non paga nessuna tassa per permanere sulle acque di Cocos... evidentemente il "patto" frutta molto perche' la Sea Hunter in poco piu' di 10 anni ha raddoppiato la sua flotta e ora possiede addirittura un piccolo sottomarino della capienza di 3 persone che si immerge di 100 mt per ogni 1.500 $ sborsati dal turista di turno.
Prima di partire ho dovuto firmare un centinaio di carte che esoneravano da ogni responsabilita' l'organizzazione in caso di incidente in mare... altra toccatina va' !!!
Prima di partire ho conosciuto 2 giovani fratelli americani che lavorano per la National Geographic e che effettuano un servizio sugli squali, a uno di loro ho inconsapevolmente fregato il posto sulla barca per raggiungere Cocos.
Gli ho spiegato che lavorare per la National e' uno dei miei sogni ( ... e di chi non lo sarebbe ? ), e il tizio, giustamente, mi ha risposto che lo era anche per lui.
Gli ho poi chiesto: "Senti amico, come si fa ad entrare a lavorare x la National?" (...che domanda scontata ... che domanda idiota!) e lui mi ha risposto "Lo sai fratello? ... e' molto difficile!" ( ...che risposta scontata ... che risposta idiota!).
Beh ...poi parlando un po' piu' seriamente e' uscito, come mi sono sempre immaginato, che per lavorare con la National Geographic bisogna avere i giusti contatti e trovarsi nel posto giusto al momento giusto... avere culo insomma! ... senza tralasciare il fatto ovvio che e' necessario saper tenere in mano una buona macchina fotografica.
Ad ogni modo mi sono imbarcato sullo yacht "Under Sea Hunter", una grande imbarcazione con tanto di gru e 2 motoscafi da baywatch che trasportava 15 ricconi disposti a spendere un minimo di 5.000 $ per una settimana di immersioni attorno all'Isola del Cocco.
Se non possiedi una barca "tua" questa e' anche l'unica opzione x visitare l'isola.
Sullo yacht ho trovato un'interessante libro che parla dei tesori sepolti a Cocos, riportando le fotografie delle autentiche mappe del tesoro dell'epoca... mi sono cosi' copiato gli scarabocchi sul mio quaderno sperando mi possano tornare utili.
Siamo giunti all'isola all'alba, dopo un giorno e mezzo di traversata, e lo spettacolo che ci si presentava davanti era sconvolgente: l'isola avolta da una nuvola di migliaia di gabbiani che si alzavano in volo e si buttavano in mare in picchiata x afferrare la loro colazione.
Che emozione, sono arrivato a destinazione!
La barca del parco e' venuta ad accoglierci e a caricare le provviste.
La Ranger Station si trova nella baia Wafer, che assieme alla Chatham consiste nell'unico punto della costa dove le imbarcazioni possano entrare al sicuro e gettare l'ancora senza problemi.
La baia Wafer non e' altro che una spiaggia curva sormontata da piccole montagne avvolte dalla foresta.
Mi e' stata asseganta una sudicia stanza alla casa dei volontari e' subito dopo mi sono dato da fare x svolgere qualche piccolo compito, giusto per ambientarmi.
Il lavoro non sembra essere duro e i ritmi sono abbastanza "sciolti".
I compiti variano dalla pulizia dei sentieri, alla manutenzione della piccola centrale idroelettrica, dall'aiuto in cucina ai lavoretti di manutenzione delle barche, dalla liberazione dei sedimenti nel bacino della diga al trasporto di atrezzi e strumenti vari da una baia all'altra e sulle barche, ma sembra che il mare sia il mio vero destino. Visto che ho dato prova di essere uno dei pochi a non soffrire il mal-di-mare sono spesso di pattuglia.
Alle 3:30 a.m. sveglia per uscire in barca. Si accendono i motori e via all'inseguimento dei pescatori di frodo. Il radar ci indica dove sono posizionate le barche, che senza permesso non potrebbero superare le 12 miglia che segnano il perimetro della riserva marina. Visto che di barche ce n'e' sempra qualcuna, si corre per acchiapparla. Ma pure i pescatori sono forniti di radar e quando si rendono conto che siamo sulle loro tracce mollano tutto e partono in gran fuga... una specie di caccia al topo!
La barca del parco e' una caciotta galleggiante e non riesce a stare dietro a questi maledetti pescatori. Quando ci si rende conto che i pescatori sono gia' in acque internazionali ci si ferma e visto che e' ormai uscito il sole ci si mette a cercare eventuali reti o "linee", lunghe corde di plastica agganciate alle boe e a grossi ami con le relative esche, abbandonate in mare dai pescatori.
.. e qui arriva la parte difficile del lavoro, si tratta di arrotolare super velocemente, con l'aiuto di una speciale macchina, il filo della "linea", sciogliendo dall'ancoraggio tutte le boe, gli ami e le esche.. sperando che ancora nessun grande pesce abbia deciso di attaccarci sopra i propri denti.. una mezz'ora di tensione, alimentata da El Bitcho, uno dei miei compagni di lavoro, "re loco" (completamente pazzo), che quando sale sull'imbarcazione si esalta, va in escandescenza e sembra essere posseduto, si mette a strillare, insultare e a inneggiare a tutti gli uragani del Pacifico in una specie di trance, ad ogni modo lo fa con il sorriso ed ho cominciato ad abituarmici, ma quando sei teso e ti arrivano ste boe a tutta velocita' con El Bitcho che ti strilla a pochi centimetri delle orecchie aspettando di vedere la tua reazione, non e' certo facile, stai un'attimo a beccarti una boa in piena faccia.
La tensione e' tale che dopo un po' di volte ho cominciato a ripagare i "tiri" del Bicho con la stessa moneta: quando lui parte io urlo ancora piu' forte, minacciandolo ripetutamente in modo da spaventarlo o per lo meno fargli capire che ha trovato pane per i suoi denti, pochi e storti in realta', comunque poi i sorrisi compaiono sulle bocche di entrambi, anche se fuori piove a dirotto e la barca oscilla spaventosamente sotto la forza di una tormenta.
Ho cosi' cominciato a familiarizzare con la crew dei guardiaparchi. C'e' qualcuno estremamente chiuso che non vuole saperne di aprire bocca con forestieri, altri invece risultano essere molto gentili e amichevoli. Prendi "El Tio" ad esempio, il capitano di una delle navi, pantaloncini che gli arrivano alle ginocchia, canottiera XXXXXXL che nasconde una bella panza rotonda e sporgente, berretto da baseball, due baffetti da sparviero... lui ha esordito che ha sangue italiano, genovese probabilmente, forse lontano pro-pro-pro-pronipote di Cristoforo Colombo, e percio' siamo compaesani e questo basta a giustificare i regali o i favori che a volte mi fa!
In tutto siamo circa 20 persone, tutti uomini eccetto due donne, che ovviamente sono state "parcheggiate" alla cucina o si dedicano alle pulizie.
Il Parco funziona come l'Isola dei Famosi: ogni settimana - 10 giorni qualcuno viene "nominato" e se ne deve andare, al suo posto entra la sostituzione che gli da il cambio.
L'unica differenza e che qui non ci caga nessuno e la gente non si scanna!!!
La domenica e' giornata libera e ne aprofitto per visitare l'isola o fare un po' di snorkeling.
Quando la osservo dall'alto e la vedo nella sua purezza e nel suo isolamento in mezzo al Pacifico mi sembra di stare un po' nei panni di Conan: Il ragazzo del Futuro, uno dei miei cartonianimati preferiti di quando ero piu' piccolo.
Le giornate passano incredibilmente veloci, scandite da abbondanti colazioni, pranzi, merende e cene.
Devo dire che al primo tatto mi trovo abbastanza bene.

Se qualcuno di voi volesse provare l'ebrezza di telefonarmi su una lontana isola dimenticata qui c'e' pure un telefono pubblico a cui si puo' rispondere, ma dubito lo farete poiche' a causa del fuso sara' difficile trovare l'ora opportuna per entrambi.
Qui vi lascio numeri ed orari consigliati:
Telefono alla Ranger Station: Arriba (506) 223-6066 ore: 6-7, 12:30-13.30, 17.30-19:00 (in Italia 15-16, 18:30-19:30, 01:30-3:00).
Telefono alla Casa dei Volontari: Abajo (506) 223-6077 ore: 19:00-21:00 (in Italia 3:00-5:00).
Basta che chiediate di me!

Ora vi saluto che mi sono dilungato pure troppo!
A presto.

9 mag 2007

mapa de la Isla del Coco


La Isla del Coco: l'isola dei misteri

08/05/07 - Puntarenas - 5 mt


Ci sono riuscito!
E´ stata dura ma ce l´ho fatta!
Cercavo da tempo il modo per entrare a lavorare in una riserva naturale "speciale", una di quelle a cui pochi é permesso di accedere... e come per magia eccola qua: la Isla del Coco.
Cercando sulla mappa sará difficile trovarla, di isole del cocco se ne contano a centinaia nel mondo, provateci se non ci credete!
Questa, ad ogni modo, é unica.
Vi dice niente quel vecchio film di Steven Spielberg che probabilmente tutti abbiamo visto da bambini?
Sto parlando di Jurassic Park... a quanto sembra, dovrebbero averlo filmato sull´isola del cocco.
Cocos è un’isola vulcanica di circa 24 kmq., posta a 5°32’57’’ di latitudine nord e a 86°59’17’’ di longitudine ovest, tuttora possedimento del Costa Rica, dalle cui coste dista circa 532 km, è ancora oggi disabitata.
Insieme all’isola di Malpelo e alle Galapagos, forma il cosiddetto “triangolo d’oro” o “triangolo degli squali”, per via dell’abbondante numero e delle diverse specie di squali presenti.
Nel 1526 l'esploratore spagnolo Joan Cabezas scoprì l'isola, che si trova indicata su una cartina disegnata dal cartografo francese Nicolas Desliens nel 1541. L'isola è un Parco Nazionale considerato inaccessibile. L'estensione terrestre è di 23,85 km² e misura 7,6 km di lunghezza e 4,4 km di larghezza, essendo la sua forma approssimativamente rettangolare.
L´Isola del Cocco é circondata da un´aurea di misteri, primo fra tutti la leggenda del Tesoro di Lima.
La leggenda vuole che un´enorme tesoro proveniente da diverse parti del Perú e concentrato a Lima, venne trasportato in fretta e furia al porto di Callao, da lí fu imbarcato su grossi galeoni che salparono velocemente alla volta di Panamá. Ma i galeoni non giunsero mai al continente centroamericano, il tesoro faceva troppa gola al capitano della flotta e alla sua ciurma. Cosí l´astuto equipaggio decise di prendere un´altra rotta, quella di un´isola misteriosa e poco conosciuta che si trovava in mezzo al Pacifico. L´Isola del Cocco era il luogo perfetto per nascondere il tesoro. Un´isola inacessibile, dalle alte pareti verticali, avvolta da una fitta foresta e lontano dalle rotte ufficiali.
La storia del tesoro di Lima é intricata e pieno di enigmi e in veritá non é mai giunta a una conclusione tanto da proseguire fino ai giorni nostri. Piú che di una leggenda si tratta di una storia vera, visto che lo stesso stato del Costa Rica ha finanziato diverse spedizioni per cercare il famoso tesoro ancora sepolto nell´isola.

Per la sua dimensione, isolamento e stato di conservazione, l'Isola del Coco costituisce uno dei siti naturali privilegiati a livello mondiale. Con un endemismo importante e una singolare diversità biologica, l'isola può essere catalogata come un laboratorio naturale, ideale per compiere ricerche sull'evoluzione delle specie e il monitoraggio dell'ambiente a largo campo.
I risultati delle ricerche stesse potrebbero essere importanti informazioni circa la dinamica degli ecosistemi del pianeta e la sua relazione con i cambiamenti globali dell'ambiente marino e terrestre. Da qui la sua grande importante per l'umanità.
Considerando queste eccezionali caratteristiche naturali di questo territorio insulare, l'UNESCO nel 1997, la dichiarò Patrimonio Naturale dell'Umanità. Allo stesso modo nel 1998 fu dichiarato Zona Umida di Importanza Internazionale sotto la Convenzione di Ramsar del 1991. Il livello di precipitazioni annue è di circa 7.000 mm e i piccoli fiumi che scorrono per l'isola precipitano attraverso delle grandi cascate tutti direttamente a mare... qualcosa di surreale!
Inoltre l'isola è il centro della Bioregione Isola del Coco, definita e delimitata nel 1999 e dichiarata da The Nature Conservancy (TNC) e dal Biodiversity Support Program (BSP), che è un consorzio formato dal World Wildlife Fund (WWF), The Nature Conservancy (TNC) e il World Resources Institute (WRI), come prioritaria per la conservazione marina.L'isola è frastagliata e ricoperta da una fitta foresta sempreverde che copre l'accidentato territorio dell'isola di circa 2.400 ettari, frequentemente nuvoloso e agitato da copiose e torrenziali piogge.
Qui si identificano 235 specie di piante (70 endemiche), 362 di insetti (64 endemiche), 2 di lucertole endemiche, 3 di ragni e 85 di uccelli inclusi quelli marini (4 endemici). Altrettanto varia è la fauna marina, con testuggini, oltre 18 specie di corallo, 57 tipi di crostacei, 118 di molluschi marini, 3 tipi di delfini e più di 200 pesci tropicali. Nelle sue acque abbondano squali dalla pinna bianca, i giganti squali martello, tonni, pesci pappagallo e mante.
Sara´ che sono fortunato, sará per Scienze Ambientali che una volta ogni tanto torna utile, sará per il recente corso di immersioni, ma sembra che mi abbiano preso per un volontariato minimo di un mese dove, tra le diverse attivitá, dovró monitorare le acque che circondano l´isola e liberare gli squali intrappolati nelle reti dei pescatori di frodo.
Domani prendo una barca da Puntarenas che impiega 36 ore per raggiungere la lontana isola.. la mia testa in realta' si trova gia' la'!

L'isola del Tesoro



Quella che voglio raccontare è la vera storia del tesoro di Lima, sepolto nell' "Isla del Coco", al largo del Costa Rica, in pieno Oceano Pacifico.
Per la verità, sull’isola de Cocco di tesori ne sono stati nascosti almeno tre.
Già rifugio degli ultimi Incas durante la dominazione spagnola, dal 1683 fino alla fine del secolo, la Isla del Coco divenne la base del corsaro Edward Davis e delle sue scorrerie nell’America Centro-meridionale, forte di oltre 1.000 uomini e di diverse navi.
Si dice che Davis seppellisse qui i suoi ingenti e numerosi bottini, per poi approfittare di un’amnistia concessa dalla Spagna ai corsari “pentiti” e trasferirsi a Filadelfia.
Fu poi la volta di un pirata dal nome e dalle origini incerte, chi dice Edward Bennet, chi Graham Bennet, ex ufficiale inglese disertore, mentre lui stesso si faceva chiamare Pedro, millantando una nazionalità portoghese alquanto improbabile: nei Caraibi, tuttavia, era più noto come “Benito Bonito”, crudele con gli uomini, ma amato dalle donne, prima fra tutte la “piratessa” Mary Welch ed è con questo appellativo che passerà alla storia.
La sua carriera di pirata ha inizio nel 1816, quando guidò un ammutinamento lungo le coste dell’Africa occidentale: da allora, Benito Bonito divenne il terrore dei Carabi, dove si trasferì per le sue scorrerie, soprattutto ai danni della Marina spagnola.
La Spagna corse ai ripari, facendo costruire navi corazzate più piccole e veloci e nel 1819 decise di inviare a Manila, possedimento spagnolo, le monete d’argento di nuovo conio che sarebbero divenute la valuta locale nella colonia dell’Estremo Oriente.
Benito aguzzò l’ingegno e venuto a sapere che le monete sarebbero state trasportate anche via terra, per essere imbarcate sulla costa del Pacifico ad Acapulco, da pirata terrore del mare quale era, si trasformò con successo in brigante di terra, rubando il carico pregiato.
La spartizione del bottino creò più di un “vivace scambio di idee” tra i pirati e Benito occultò accuratamente il tesoro a Coco, per poi passare per le armi tutti i dissenzienti.
Quando alcuni mesi dopo venne catturato da una corvetta lungo le coste americane, per non cadere prigioniero, si uccise sparandosi alla tempia, portando con sé nella tomba il segreto del tesoro d’argento, mentre la sua donna, Mary Welch, rimastagli fedele fino all’ultimo, finì i suoi giorni in una prigione della Tasmania.
Ma il tesoro più grande sepolto a Coco è quello di James Alexander Forbes, medico e primo ufficiale del brigantino inglese Mary Dyer.
Siamo nel 1821, Lima e il suo porto, Callao, sotto il dominio della Spagna sono incalzati dall’Esercito e dalla Marina cileni da est e da ovest e da Simon Bolivar da nord.
La maggiore apprensione di notabili e religiosi spagnoli si concentra sugli sfarzosi arredi che impreziosiscono la Cattedrale di Lima. In fretta e furia, il ricco tesoro viene caricato in un giorno ed una notte su decine di forzieri, casse e bauli e trasportato fino a Callao.
Qui, l’unica nave in grado di prendere il mare è proprio la Mary Dyer, battente bandiera britannica al comando del capitano scozzese William Thompson e di Forbes, primo ufficiale.
L’operazione di carico durò due giorni e come stabilito dai patti, la Mary Dyer si diresse verso Panamá, ma la tentazione per Thompson e Forbes era troppo ghiotta: nottetempo fecero uccidere le poche guardie spagnole e il sacerdote, gettando i loro corpi agli squali e deviarono verso Coco.
L’isola era il posto ideale per occultare il tesoro di Lima, fuori dalle rotte più battute, quasi inaccessibile, dotata di sorgenti d’acqua dolce e a distanza di sicurezza dalle coste dell’America Centrale.
Con le undici scialuppe della Mary Dyer, ci vollero ben quattro giorni per scaricare nell’unico approdo sicuro dell’isola, la Baia di Chatam, l’intero tesoro, che comprendeva fra l’altro: monili e oggetti spagnoli, pietre e metalli preziosi di antichissima origine Inca, lingotti e monete spagnole e messicane, reliquie religiose e statue raffiguranti la Vergine Maria, fra le quali una d’oro massiccio di 350 kg ad altezza d’uomo, incastonata da oltre 1.600 smeraldi, topazi e diamanti, il tutto contenuto in forzieri e scrigni di legno di cedro ed argento, a loro volta impreziositi di gemme, pieni zeppi di reliquiari e candelabri d’oro e d’argento, anelli, catene, pietre tagliate e grezze.
Sbarcato il carico scottante, Thompson e Forbes, braccati dalla flotta spagnola, probabilmente affondarono la Mary Dyer nei pressi della costa (ma vi sono diverse teorie in proposito), inventandosi di sana pianta un improbabile naufragio, che naturalmente non venne creduto dalle autorità spagnole: fu così che un membro dell’equipaggio, tormentato dalla frusta, raccontò la verità.
Tutti i marinai furono giustiziati, ad eccezione del capitano Thompson e di Forbes, gli unici che avrebbero potuto indicare l’esatta ubicazione del tesoro di Lima ai legittimi proprietari.
Sbarcati a Coco insieme ai loro carcerieri, Thompson e Forbes, dopo aver effettuato una digressione all’interno dell’isola, con un balzo improvviso fuggirono nella fitta boscaglia, fino a far perdere le loro tracce.
Dopo due settimane di strenue ricerche, i soldati spagnoli, per nulla avvezzi all’orografia e al clima caldo-afoso di Coco, abbandonarono le ricerche e tornarono alla base.
Forbes e Thompson riuscirono a sopravvivere sull’isola per mesi, nutrendosi di frutti selvatici e nascondendosi ogni qualvolta le autorità spagnole inviavano nuove spedizioni alla ricerca dei due fuggiaschi.
Fu una baleniera britannica attraccata a Coco per rifornirsi d’acqua dolce, a portarli in salvo, Thompson a Terranova, il mio bisnonno a Puntarenas, dove poco dopo venne dato per morto.
James Alexander Forbes, invece, si trasferì a Yerba Buena, l’odierna San Francisco e successivamente a Santa Clara, dove divenne Viceconsole britannico e socio di alcune miniere della zona, riuscendo a ricostruirsi una vita e una reputazione.
William Thompson, dal canto suo, morì in miseria nel 1845 a Saint John, con un segreto milionario che negli ultimi anni della sua vita rivelò, centellinandolo, all’uomo che lo aveva curato e ospitato fino alla fine, il marinaio John Keating.
Da allora, si scatenò una vera e propria caccia al tesoro che dura senza tregua da oltre un secolo e mezzo.
E fu proprio John Keating, con l’amico fidato Boag, a trovare il tesoro di Lima, ma la bramosia del comandante e dell’equipaggio della nave che aveva assoldato allo scopo di imbarcare il tesoro, li costrinse a darsi alla macchia nella foresta di Coco, prima ancora di rivelare il segreto, come già era accaduto a Thompson e Forbes.
Keating fu raccolto da una nave di passaggio qualche tempo dopo, mentre dell’amico Boag non si seppe più nulla, sebbene siano in molti a scommettere che sia stato ucciso dallo stesso John Keating.
Il marinaio Keating riuscì a portare a terra una parte del tesoro di Lima nei due viaggi successivi, se è vero che acquistò una fattoria e alcuni negozi a Saint John, ma si trattava comunque solo delle briciole: quando finalmente riuscì a comprarsi una goletta per imbarcare l’intero tesoro, nel 1868 fece naufragio e non tornò mai più a Coco, ma consegnò all’uomo che lo aveva salvato, alcuni documenti che indicavano sommariamente la posizione della grotta di Coco dove si trovava il tesoro.
In realtà, Keating non rivelò a nessuno, in dettaglio, l’esatta ubicazione del tesoro, neppure al genero e alla giovane moglie, avida quanto interessata: anche per questo motivo il tesoro non fu più trovato neppure dai suoi parenti più stretti.
Ci provarono in parecchi, fra cui un tedesco, August Gissler, il quale visse addirittura diciassette anni a Coco, a cavallo di due secoli fino ai primi del ‘900, riuscendo a farsi nominare “Governatore” dell’isola dal governo del Costarica.
Gissler, per la verità, più che dal tesoro di Lima era ossessionato dall’argento di Benito Bonito, che non riuscì comunque a trovare.
La storia successiva di Coco è costellata di ricerche infruttuose, spedizioni effettuate anche con strumentazioni sofisticate, ma dagli esiti fallimentari, invidie e gelosie fra i vari cercatori, sfociate a volte in veri e propri omicidi.
Solo un avventuriero belga, Petrus Bergmans, naufragato a Coco negli anni ’30, riuscì a ritrovare alcuni gioielli e una statua della Vergine, alta 60 cm., molto più piccola di quella ad altezza uomo descritta nei resoconti del 1821, ma la sua spedizione successiva finì per la bancarotta della società che l’aveva finanziata.

Forbes, durante la sua vita, non rivelò a nessuno la vicenda della Mary Dyer: per questo motivo, quando suo figlio, James Alexander Forbes II ricevette in eredità la mappa di un tesoro, non vi diede molta importanza, continuando ad occuparsi dei suoi affari.
Fu il nipote, James Alexander Forbes III a interessarsene nel 1937. Trovò tre soci, un famoso assicuratore, un avventuriero e un marinaio, ma quando nel 1939 tutto era pronto per la spedizione, Forbes morí improvvisamente.
Il destino volle che fosse, Jimmy Forbes IV, il pronipote, a tornare sulle orme del suo bisnonno, ma la prima spedizione, effettuata alla fine del 1939 con i tre soci di suo padre, fallì per i dissidi e le incomprensioni fra i membri della missione.
Ma nella primavera dell’anno successivo, conobbe Fred Lewis, un ricco proprietario di un panfilo di lusso, che si offrì con la sua imbarcazione, dotandola di modernissime apparecchiature, fra le quali l’ultimo modello di metal detector, argani e strumentazioni geo-minerarie, ma la ricerca fu tutt’altro che agevole, nonostante l’appoggio delle Autorità costaricane, che offrirono loro una decina di uomini, con il compito ufficiale di aiutarli, ma di fatto inviate per sorvegliare l’esito dell’operazione.
La verità è che circa un secolo prima, John Keating aveva spostato almeno una parte del tesoro di Lima in un altro luogo dell’isola e questo fatto complicò le cose.
Riuscirono a scoprire un grande masso dove erano scolpite una freccia e la lettera “K”, forse l’iniziale di Keating, ma pur avendo scavato un’enorme fossa intorno ad esso, non trovarono nulla, almeno così è scritto nelle cronache ufficiali.
In realtà Forbes, seguendo nottetempo la direzione indicata dalla freccia, trovó una parte del tesoro.
Per questa ragione, una volta decretato l’esito negativo della missione, tornó per altre tre volte a Coco, con barche ed attrezzature più modeste per non dare nell’occhio, ma a colpo sicuro, imbarcando diversi arredi e monili all’insaputa delle Autorità del Costa Rica.
Sono stati in molti a sospettare che avesse effettuato altre spedizioni e avevano ragione da vendere, sebbene la parte più consistente del tesoro sia ancora sull’isola.
Coco è un’isola maledetta, se non addirittura stregata, e lo è stata per tutti coloro i quali si sono scannati o più semplicemente rovinati per scandagliarla. Nelle oltre 300 spedizioni effettuate sull’isola, qualcuno è riuscito a trovare qualcosa, come John Keating, Petrus Bergmans e Forbes, qualcun altro ha coperto le spese delle spedizioni, pubblicando le sue memorie, come fece Sir Malcolm Campbell nel 1929, altri trovarano scheletri con coltelli piantati nel costato, oppure intravidero il tesoro attraverso una fenditura nella roccia, salvo poi cadere rovinosamente lungo i ripidi pendii dell’isola battendo la testa, e dimenticando così il luogo esatto della scoperta, come capitò a un certo Bob Flowers nei primi del ‘900: ma la maggior parte dei cercatori fece fiasco, rimediando soltanto punture di insetti e morsi dai grossi granchi del Coco, o perdendo una fortuna, come accadde all’attrice inglese Moira Lister, con le sue mappe dettagliate e il suo avveniristico magnetometro nel 1987.
Il tesoro di Lima, insieme a quelli del corsaro Edward Lewis e del pirata Benito Bonito, sono ancora lì, prova ne è il fatto che anche l’ultima spedizione, nel 1992, si rivelò infruttuosa e che nel 1998 un satellite della NASA individuò a Coco tre depositi d’oro, di cui uno sotto il mare, nei pressi della costa, spingendo il governo costaricano a stanziare altri fondi per le ricerche: poveri illusi, non li troveranno mai!

5 mag 2007

mapa de Costa Rica

Costa Rica: il paese delle meraviglie


04/05/2007 - San José (Costa Rica)-

Sono qui solo da pochi giorni, ma giá mi sono fatto una certa impressione su questo paese.
Il Costa Rica é il paese delle meraviglie, un luogo d´incanto, il paese delle Riserve Naturali e delle bianche spiagge tropicali.
Secondo non so bene quali studi dovrebbe essere il paese con il maggior numero di Parchi Nazionali in proporzione alla sua superfice, un vero e proprio paradiso verde.
Il paese non possiede esercito nazionale, forse l´unico al mondo, forse perché se lo sono venduto agli Stati Uniti, la cui popolazione sembra essersi trasferita in massa da queste parti giá molti anni fa.
I primi credo siano stati i Quaccheri, in cerca di un luogo incontaminato dove vivere pacificamente.
Sono proprio i Quaccheri ad aver fondato nel 1951 in Costa Rica le prime riserve naturali, in modo da costruirsi attorno l´ambiente perfetto dove sopravvivere secondo le loro tradizioni per diverse generazioni. El Parque Nuboso de Monteverde ne é un esempio: una grande riserva naturale sulle montagne tropicali completamente avvolta dalla nebbia e dalle nubi che le danno un certo fascino misterioso. Questo parco é diventato famoso per la gran quantitá di specie endemiche che si trovano al suo interno. Questo é il luogo dove viveva il leggendario "Sapo Dorado", quel ranocchio di color oro-arancione che si vede in tutte le cartoline del Costa Rica. Bello vero?
Purtroppo si é estinto 18 anni fa, l´ultimo avvistamento riportato dagli esperti risale al 1989, anche il National Geographic é intervenuto per cercarne qualche superstite ma nulla di fatto.
Gli ultimi studi spiegano cos´é successo: in seguito al riscaldamento globale un certo fungo che viveva solo nelle terre piú basse e piú calde si é pian piano mosso, a causa dell´aumento della temperatura, su per le montagne nebbiose, l´habitat prediletto dal Sapo Dorado, il quale é stato attaccato direttamente alla pelle dal micidiale fungo. Lo stesso fungo sembra stia ora scagliandosi contro tutte le altre specie di rane che vivono da queste parti, tutte ovviamente a rischio di estinzione!
Ho avuto la fortuna di poter visitare il parco, ma che fatica raggiungerlo!
Sembra che da queste parti non amino molto i "backpackers", tutto é terribilmente regolato solo e sempre da odiosi tours belli e impacchettati!
Per raggiungere il parco ho usato il vecchio sistema del pollicione alzato. Mi ha caricato sú un camionista al volante di un gigantesco TIR americano carico di cemento... 4 ore per raggiungere Santa Elena, che si trova ai piedi del parco, e il TIR, chiaramente, si é pure rotto strada facendo.
Vicino a Monteverde giace il famoso vulcano Arenal.
Il vulcano é una specie di simbolo del Costa Rica: un cratere che erutta costantemente lava da ormai molti anni, ma nessuno sembra esserne preoccupato da queste parti, anzi, se smettesse di gettare lava probabilmente l´economia del paese entrerebbe in crisi.
Per osservarlo meglio ho rialzato il pollicione per dirigermi al Cerro Chato e questa volta mi ha preso sú, sotto la pioggia, un motociclista che lavora al Parco. I mezzi peggiori sono sempre tutti miei!

Oggi sono a San José, la capitale del Costa Rica, di passaggio per un appuntamento, si tratta di un´altro volontariato, ma non vi anticipo ancora nulla.
La prossima tappa il Caribe del Costa Rica.
Non vedo l´ora!



> VIDEO

Nelle riserve tropicali dello stato del Costa Rica e' stato effettuato recentemente un interessantissimo studio ambientale. Lo studio, eseguito dal noto dott. Masoni, sembra che porti a utilissimi risultati.
La gente comune e' normalmente abituata a pensare che in luoghi isolati come la foresta pluviale le persone possano trovare la pura evasione dalle caotiche strade metropolitane e dai suoi insostenibili ritmi ed attese.
Le sorprendenti prove scentifiche raccolte pazientemente dal dott. Masoni portano invece a tutt'altro risultato.
In realta' anche la foresta nasconde le sue lunghe file, code di attesa, ritmi frenetici, ecc...
Si presume che lo studio avra' presto innumerevoli applicazioni in tutti i campi della Scienza.
Qui troverete le prove che testimoniano la stupefacente scoperta:


http://www.archive.org/details/formiche

4 mag 2007

La Isla de Ometepe













29/04/2007 - El Zopilote - 200 mt

Avete presente il Nicaragua?
E' lo stato piu' grande del Centro America e si trova proprio al suo centro.
Dando un'occhiata a una mappa si scorge un grande lago, il Lago de Nicaragua, il piu' grande dell'America centrale che copre complessivamente 8624 km2.
Sulla mappa quasi non sembra un lago, sono solo 20 i chilomeri che lo separano dall'Oceano Pacifico, e quando lo si scruta si e' sempre in cerca di una apertura che lo colleghi al mare.
Quarantacinque sono i fiumi che ci si tuffano dentro o che ne escono.
Quei 20 km di stretto hanno sempre fatto gola a tutti per progettare un canale che tagliasse in 2 le Americhe, ma poi, con un abile mossa strategica, i gringos hanno deciso di realizzarlo in terre meno "calde", e cosi' il canale e' diventato "di Panama" anziche "di Nicaragua".
Il lago e' famoso perche' qui vive probabilmente l'unica specie di squalo d'acqua dolce al mondo, anche se di esemplari sopravissuti ne sono rimasti pochi, visto che ai tempi di Somoza se ne e' fatta strage per venderne le pinne agli asiatici, i quali sono fortemente convinti dei poteri afrodisiaci che a questi attribuiscono.
Al centro del lago si trova una grande isola, l'isola di Ometepe.
... e proprio qui mi trovo!
L'isola si e' formata quando le colate dei due vulcani che ne hanno dato origine si sono unite formando una specie di ponte.
Si tratta di un'isola tropicale coltivata a banani e ricoperta parzialmente da una fitta foresta che si arrampica su per le pareti dei suoi vulcani: "el Concepcion" (tutt'ora attivo) e "el Madera" (ormai spento da tempo).
Ai piedi del Madera si trova la finca ecologica del Zopilote, dove mi sono fermato a lavorare per una settimana. La finca e' stata fondata da Cristiano e suo padre Bruno, di origine fiorentina, che dopo una lunga ricerca, iniziata in Ecuador e conclusasi in Nicaragua, hanno deciso di comprare terra da queste parti.
La finca e' un punto di ritrovo per i "parcheros", gli artigiani di strada in viaggio per le Americhe.
El Zopilote segue un po' i principi dell'ecovillaggio e da qui escono solo prodotti organici: pane, cioccolata, pasta, pizza, miele, spezie, frutta e il mitico liquor caffe'.
Proprio perche' simile a un ecovillaggio ho deciso di fermarmi qui alla finca per studiarla un po'.
Ho trascorso la settimana ripulendo i canali intasati dalle sterpaglie, in vista della imminente stagione delle piogge, riparando i tetti delle cabañas, preparando la massa delle pizze, e oziando nel tempo libero in compagnia di Cristiano e i suoi amici.
Dal Zopilote e' possibile ammirare il piu' bel panorama dell'isola: incredibili tramonti verso el Concepcion che sembra tagliare in due il lago.
Da qui e' inoltre possibile partire per un escursione del Madera, dove all'interno del suo cratere si e' formata una meravigliosa laguna verde, oppure visitare gli antichi geroglifi pre-Maya sparsi nell'isola.
Insomma il luogo e' veramente una favola e si respira una piacevole atmosfera.
Devo dire che questo posto mi ha fatto riflettere molto sull'eventuale possibilita' di un ecovillaggio tropicale e sull'opzione di fermarmi qua, sentite come suona bene: "Ecovillaggio Tropicale"
.... ma il caldo vento tropicale ha portato velocemente via tutti questi pensieri.

Il viaggio prosegue!