27 ago 2007

mapa do Brazil


Amazon by Boat

26/08/2007 - Leticia (Colombia)- 100 mt

Saluti da Leticia, una cittadina colombiana di confine; un triplice confine, visto che qui convergono contemporaneamente il Peru', la Colombia e il Brasile.
L'aria che si respira e' strana visto che non capisco bene dove mi trovo e in che lingua devo parlare. Gli stati confinano ipoteticamente al centro del grande fiume che passa loro a fianco. Dopo una breve pausa visitando la selva che circonda Iquitos mi sono imbarcato su un nuovo battello che in 2 notti ha raggiunto Santa Rosa, l'ultimo paesino posto sulle rive del Amazzonia che batte bandiera peruviana.

Il piccolo traghetto ha attraccato verso la mezzanotte a San Pablo, il paesino dove il grande Ernesto Guevara ha speso gli ultimi mesi del suo viaggio per prestare servizio nel lebrosario... durante la traversata ho conosciuto diverse persone che vivendo li' m'hanno potuto raccontare alcune storielle inedite sul suo viaggio attraverso il Sud America.
Adesso mi preparo ad affrontare l'ultima attraversta di questo grande fiume: il tratto Leticia-Manaus, un viaggio che prende tra i 5 e i 7 giorni.
Il fiume, nel frattempo, e' andato ingrandendosi a dismisura per l'unione di una miriade di affluenti, grandi e piccoli, che ci si tuffano dentro, mescolandosi un po' qua, un po' la'.
Nel punto in cui entra in Brasile dal Peru' il Rio delle Amazzoni e' a 100 metri sul livello del mare. Alla confluenza con il Rio Negro, a 1.500 chilometri dalla foce, si trova a 15 metri di altitudine. La pendenza e' di un centimetro al chilometro.
Pur nascendo a soli 190 km dall'Oceano Pacifico, le acque del Rio delle Amazzoni scendono verso l'Atlantico a circa 6.500 km di distanza, come se il Tevere andasse a sfociare in India. L'area del suo bacino (il bacino amazzonico) e' di 7 milioni di km², pari a 23 volte l'Italia, 6 milioni di km² sono di foresta.
In Amazzonia cadono mediamente 2,3 metri di pioggia all'anno. In alcune zone le precipitazioni arrivano a 6 mt. Il Rio delle Amazzoni scarica in Atlantico 175.000 m³ d'acqua al secondo... una quantita' difficile da immaginare!!!
Ora qui siamo in stagione secca, percio' le acque sono basse ma e' possibile comunque notare bene sulle rive del fiume il livello che questo raggiunge nella stagione delle piogge, una differenza notevole!
Dopo questa breve rassegna di perle di saggezza vi lascio per raggiungere il mio battello, devo fare presto prima che occupino tutti i posti migliori, la competizione per un buon posto-amaca, infatti, parte alcuni giorni prima... e dormire 6 notti in un luogo lontano dalle lattrine fa decisamente la differenza!
Ora scappo!!!

20 ago 2007

AMAZZONIA

20/08/2007 - Iquitos - 100 mt


Il viaggio sta cominciando a farsi faticoso e pieno di imprevisti, ma questo fa parte dell'avventura.
Mi trovo a Iquitos, in piena Amazzonia, una citta' che ha il record di essere la piu' grande del mondo senza poter essere raggiunta da strade... se e' vero che qualsiasi strada porta a Roma al contrario non c'e' nemmeno un sentiero mal segnalato che ti porti a Iquitos!
Se ci vuoi arrivare prendi un aereo oppure, se hai tempo da perdere, prendi un battello che solca il fiume.
Da Lima sono salito su un bus della TRANSAMAZONICA, che suona bene, ma scordatevi completamente di prenderlo se volete raggiungere Pucalpa, la citta' portuale sul rio Ucayali.
Le ore previste per il viaggio erano 20, ma siamo arrivati con 8 ore di ritardo per diverse avarie al motore, al radiatore, alla pompa di non so bene quale parte de " la cafetera", come e' stato ribatezzato il bus dagli stessi passeggeri, ormai sull'orlo di una crisi di nervi. Cafetera perche' il mezzo si sara' fermato una decina di volte a causa di un gyser di vapore che usciva dal motore ed entrava direttamente nel corridoio bagnando i passeggeri delle prime file.... sembrava ci fosse la speranza di cambiare questo catorcio ambulante con un bus migliore a TingoMaria ma sti "pendejos" di conducenti non ne hanno voluto sapere e cosi' sono arrivato a Pucalmpa verso le 15, giusto giusto per imbarcarmi sul "Don Segundo", il battello a 4 piani in partenza per Iquitos... "giusto giusto sti cazzi !!!" - dico io -... visto che alle 17, ora prevista per la partenza, ci hanno avvisato che il battello sarebbe partito il giorno successivo alle 13:30 a causa del livello troppo basso delle acque del fiume.... come se non l'avessero saputo gia' in partenza.
La realta' e' che sti battelli li devono far partire pieni per poterci guadagnare il piu' possibile.
Gia' dalle prime ore del mattino arrivano orde di persone che si portano dietro la "casa intera", casse di frutta e verdura, piccoli e grandi elettrodomestici, pentoloni pieni di non si sa bene quale strana pietanza e, ovviamente, ognuno con la sua immancabile amaca, visto che questa costituisce al tempo stesso il tuo unico letto, camera e casa per 4 giorni di viaggio lungo le scure acque del fiume Ucayali, uno dei tanti affluenti del rio Amazonas. In poche ore il battello diventa un vero e propio campo profughi: una fila di amache che sparisce a perdita d'occhio, donne che allattano i piccoli, uomini che giocano a carte o leggono in pace la loro bibbia, vecchi che si ciondolano sulle amache per creare una minima corrente d'aria, ragazzini che importunano ragazzine e marmocchi che scorazzano ovunque prendendo a testate le amache di qualcuno che si stava tranquillamente facendo la meritata "penichella". Per i pasti poi non vi dico: al tocco della campana, tutti si mettono a correre scendendo precipitosamente le scale per poter essere i primi di una interminabile fila... tutti in coda con la propia bacinella, tegamino o latta per poter aver diritto a una misera sbobba; ovviamente non sto parlando della famosa sbobba di CasaMasoni, quella preparata amorevolmente ogni settimana dal Fede, che qui potrebbe essere pagata oro, sto parlando di un intruglio di riso e acqua assaporato leggermente di cannella in cui va intinto un pezzo di pane duro come il marmo!
Il tutto viene servito a palettate dalla "Bella", un cuoco "trans" che ama cantare mentre serve i pasti... per non parlare del nano dietro al bancone del bar (se cosi' lo volessimo chiamare), che stenti a scorgerlo ogni volta che ti avvicini al finestrone... una specie di circo galleggiante insomma !!!
Sulla Don Segundo ho avuto modo di conoscere un sacco di gente, dalle famigliole che avevano appeso l'amaca attaccata alla mia, ai mafiosi del narcotraffico di TingoMaria, che quando sanno che sei italiano non ti mollano piu', cercando di proporti strani illeciti affari, oppure piu' semplicemente cercando di ottenere la cittadinanza italiana attraverso un matrimonio combinato con mia cugina... io, chiaramente, ho precisato subito di non avere cugine (mentira!) ma ho chiesto se faceva lo stesso con un cugino.... - Lorenzo... preparati che ora hanno il tuo indirizzo e il tuo numero di telefono ! -
.... e cosi' , parlando con chiunque, leggendo ogni tanto uno dei tanti libri che mi porto dietro e cucendo quello che si era strappato negli ultimi mesi, sono trascorsi velocemente 4 giorni attraverso la foresta amazzonica, fino a quando l'Ucayali si e' incrociato con il Marañon per dar vita finalmente all'immenso Rio delle Amazzoni, un fiume gigantesco che attraversa quasi tutto il Sud America nella sua larghezza.
La vita da battello non e' finita comunque!
Mi aspettano ancora molti chilometri via fiume prima di raggiungere il confine, ma per il momento mi prendo una piccola pausa qui a Iquitos, preparandomi ad entrare in uno degli stati piu' estesi del mondo: il Brasile!

Video Amazzonia

Questo è l'unica tesimonianza de "El Abismo" rimasta in mio possesso: un punto in cui la placca del Guyana termina, precipitando nel bacino amazzonico, uno strapiombo da cui è possibile osservare la vastità della foresta Amazzonica dall'alto. Questo video è stato girato all'alba al confine tra Venezuela e Brasile.

13 ago 2007

sulle tracce del Paititi









13/08/07 - Lima - 10 mt

Di ritorno a Lima, dopo 20 ore di bus e diverse giornate di cammino per raggiungere la citta' sacra agli Incas.
La via alternativa aperta un anno fa dal dott. Chiaretz si e' rivelata affascinante. Dopo essere partiti con uno sgangherato bus notturno dal Cusco siamo arrivati a Santa Maria, un minuscolo paesino ancora avvolto dalle tenebre e, visto che l'interminabile viaggio a bordo di una "camioneta" (stretti come polli in gabbia) ci ha messo voglia di camminare (con l'Annalisa che si e' addormentata sulle grosse gambe di una campesina della zona), giunti a Santa Teresa quando il sole non si era ancora alzato, siamo partiti assieme ad Ignacio (un cileno conosciuto sul veicolo pubblico) verso le acque termali nascoste sulle rive del Rio Urubamba, a 40 minuti dal paese.
Da Santa Teresa siamo poi partiti alla volta di Aguas Calientes, lanciandoci verso l'altra sponda del fiume e delle sue ripide con l'aiuto di una "gabbia" appesa ad un cavo d'acciaio, ci siamo trascinati lungo una strada polverosa ai piedi delle montagne fino a raggiungere i binari del treno, che abbiamo percorso per ore in mezzo alla foresta fino a giungere per la notte alla nostra meta. Non contenti a notte fonda ci siamo alzati per scalare la montagna sulla quale giace Machu Picchu.
Le rovine sono apparse alle prime luci del sole piu' belle che mai.
Anche qui, come grandi esploratori, abbiamo messo da parte la stanchezza e la pigrizia e ci siamo avventurati attraverso sentieri poco conosciuti su' e giu' per i picchi che sovrastano queste rovine, recentemente nominate come nuova meraviglia del mondo.








Ed e' propio da questo misterioso luogo che riparte il mito de "El Dorado".
La leggenda vuole che poco prima dell'arrivo dei "conquistadores" nella capitale inca, il re dell'Impero del Sole avesse ordinato di caricare tutto l'oro di Cuzco sulle schiena di centinaia di lama e che questi fossero condotti in una citta' nascosta, nell'impenetrabile foresta orientale, in una localita' segreta e misteriosa... la citta' incantata di Paititi.
Se Paititi e' solo una leggenda o effettivamente quella citta' sperduta nella selva, rifugio degli incas di fronte l'avanzata spagnola, e' il luogo dove si nasconde un'immensa quantita' di oro accumulato dalla nobilta' dell'impero, rimane un enigma ancora da scoprire.
Il mito di Paititi o del Gran Dorado costitui', per molti secoli, una specie di tomba nella quale si seppellirono molte vite e fortune sperperate per il suo ritrovamento.
Il regno del Paititi sarebbe stato una specie di congiunto di citta' connettate da una rete di tunnels andini, che servi' come ultimo rifugio per i sopravvissuti dell'impero inca.

Machu Picchu fu scoperto nel 1912 dal nordamericano Hiran Bingham, mentre era alla ricerca del Gran Dorado. Si racconta che dopo diversi giorni di ascensione attraverso una fitta foresta piena di pericoli, percorrendo ponti sospesi fatti di corde, la spedizione di Bingham raggiunse quello che oggi si conosce come Tomba Reale. Lo stupore dei membri del gruppo fu totale, poiche' nonostante l'intricata vegetazione che le coprivano completamente, gli esploratori compresero immediatamente che quello che avevano sotto gli occhi non erano rovine comuni.
In realta' per l'archeologo nordamericano El Gran Dorado non si chiamava Machu Picchu ma Vilcabamba. Questo era per Bingham il nome della citta' fondata dagli Incas fuggiti da Cuzco.
"Chi aveva progettato e costruito quel complesso di precisione, bellezza e funzionalita'?"
"Quali ingegneri avrebbero potuto alzare una citta' che dopo 5 secoli di abbandono e devastazione aveva perso solo i tetti di paglia delle case ?"
Quel giorno Machu Picchu comincio' a convertirsi nel misterioso emblema di un popolo che, senza conoscere la scrittura ne' la ruota, costrui' un impero che si estendeva per 3.680 km.
"Cosa significava per loro quella citta' costruita a 2.300 mt di altezza , nelle pareti orientali delle Ande ?"
Machu Picchu poteva essere considerata una spei di residnza reale o religiosa, dominata da terrazze e scalinate di templi, palazzi e osservatori astronomici.
Seduta su una pendenza montagnosa fianchggaiata da precipizi verticali, Machu Picchu si converti' in un territorio virtualmente inacessibile per qualsiasi nemico dell'epoca. Un'altro enigma che svelo' Bingham fu il ritrovamento di una gran moltitudine di oggetti di pietra e bronzo, pero' nulla di oro o argento, il quale consisteva in una contraddizione per una citta' destinata a nobili e sacerdoti.
L'assenza non poteva neanche essere attribuita al saccheggio spagnolo, visto che i conquistatori non l'avevano mai scoperta.
Tra tutte le teorie abozzate fino ad oggi ce n'e' una che sostiene che la casta sacerdotale, guidata da oracoli che predicevano tempi oscuri, decise di abbandonare la citta' sacra molto tempo prima che gli Incas lasciassero Cuzco, e che forse sia stata propio questa casta e parte della nobilta' a fondare successivamente Paititi.

Cinque anni fa, durante il mio primo viaggio in Peru', ho deciso di raggiungere la citta' di Puerto Maldonado, in piena foresta Amazzonica, sulle rive del Madre de Dios, percorrendo le centinaia di chilometri che la separano da Cuzco a bordo di un camion che trsportava frutta. Ci sono voluti 3 giorni per attraversare la foresta e il viaggio non si e' presentato a corto di imprevisti. Il secondo giorno di viaggio il camion ha forato, propio al centro della stretta strada sterrata che costeggiava le ande orientali ricoperte di intricata vegetazione. Mentre il camionista cercava di sostituire la ruota forata io scambiavo qualche parola con Juan, un tizio che era salito a meta' del percorso. Non mi ricordo come ma eravamo finiti a discutere dei misteri degli Incas e della leggenda de "El Dorado".
Secondo Juan, a pochi giorni di barca dal luogo dove ci eravamo fermati accidentalmente, si trovava un gigantesco complesso di rovine, scoperto da poco e che secondo le indiscrezioni si trattava della leggendaria Paititi. Devo ammettere che la conversazione mi aveva affascinato ma non avevo creduto totalmente alle entusiasmanti parole dell'indio.

Il 26 di luglio del 2002, la stampa mondiale rivelava la notizia che avrebbe commosso la societa' scientifica, specialmente gli archeologi: una spedizione comandata dall'italo-polacco Jacek Palkiewicz e integrata da 30 scienziati, aveva raggiunto la mitica Paititi. Dopo 21 giorni di cammino per le profondita' della foresta amazzonica, la spedizione aveva incontrato alcuni segni tra la vegetazione, che potevano svelare la presenza di cio' che i conquistadores avevano perseguito in modo ossessivo per secoli.
Il 30 di giugno del 2002 gli scienziati polacchi, italiani, russi, argentini e peruviani che integravano la spedizione capitanata da Palkiewicz partitono verso il parco nazionale del Manu, ubicato tra i dipartimenti del Cuzco e di Madre de Dios.
La scoperta di quei giorni confermava diverse teorie. Per esempio che la citta' si trovava a 10 giorni di cammino da Cuzco, l'antica capitale imperiale. Inoltre che Paititi era stata costruita vicino a un gran lago.
Per ultimo, gli specialisti dell'Universita' di san Pietroburgo che integravano la spedizione assicurarono che effettivamente sotto al lago esisteva una rete di caverne e tunnels tale e quale come era stata descritta dai cronisti dell'epoca.
Ad ogni modo il risultato finale ancora non si conosce. I lavori andranno avanti per anni e fino ad oggi Palkiewicz e i suoi uomini sono riusciti a portare alla luce costruzioni che fanno supporre che il sito cominciava ad essere abitato dagli Incas quando i conquistatori arrivarono, attorno al 1532.
Il tempo dira'.....

mapa de Peru'

Intervista doppia.











06/08/2007 - Cuzco (Peru') - 3380 mt

MASONI: Dopo 5 anni di assenza eccomi nuovamente in Peru', in questo fantastico paese inserito tra Oceano, Ande e foresta Amazzonica. E' strano ritrovarmi qui, rivedere gli stessi paesaggi che avevo esplorato tanto tempo fa e riassaporare le emozioni che molto probabilmente hanno fatto scaturire l'idea di questo nuovo e lungo viaggio.
La cosa piu' incredibile e' che qui ho incontrato l'Annali', "amiga de toda la vida", con la quale ora sono in viaggio verso Machu Pichu. La felicita' ora e' alle stelle, poter rivisitare questi luoghi con qualcuno che fa parte della "grande famiglia" mi emoziona tantissimo.
E' stata l'Annali' che ha aggiunto un nuovo soprannome alla lunga lista dei nomignoli adatti al Masoni.
Com'e' che mi chiamo ora?

ANNALISA: L'ho ribattezzato "el-rico màs" visto che mi ha detto che fin'ora quasi nessuno riusciva a capire il suo nome. Così sarà molto più facile presentarsi come "el-rico", del resto tutti lo sappiamo che di fatto lo è! Essere qui a Cusco con lui è davvero bello, la città è stupenda e poterla conoscere con qualcuno che c'è già stato è diverso, poi con l'organization di masoni e i suoi contatti ovunque riusciamo ad ottenere sconti facilmente, ritornando per esempio all'hostal che conosceva o andando al negozio di sandali fatti a mano... Dopodomani andremo a Machu Picchu e ovviamente per il cammino alternativo, evitando il gringo trail ormai diventato carissimo e sempre pieno di gente.

MASONI: La gioia di poter stare qui con te e' difficilmente misurabile... aspetta... te lo faccio vedere con le braccia!!!!!
Mentre io stavo scendendo verso il sud Annalisa stava lavorando con l'ASPEM, una ONG italiana con sede a Lima, dove segue "los indocumentados" e "los desplazados" a causa del conflitto interno armato (1980-2000), con tanto di cappello Annali'.
Avevamo un sacco di cose da raccontarci e ritrovarci qui c'ha anche fatto capire quanta nostalgia proviamo per l'Italia e per tutte le persone che non vediamo e sentiamo da troppo tempo....
Al termine della visita delle misteriose rovine Incas si fara' ritorno a Lima, dove ci separeremo.
Annalisa proseguira' nei suoi impegni lavorativi mentre io mi dirigero' verso il Brasile.
Vuoi aggiungere qualcosa?

ANNALISA: Rivederci mi sta dando una gran carica e energia per continuare con il lavoro per gli ultimi due mesi prima di ritornare in Italia....sperando di poterci presto rincontrare con tutti i nostri amici. Un bacio a tutti quelli della mailing list del "mas rico" che conosco. Annalì

MASONI: Considerando che ormai si e' fatto agosto auguro buone vacanze a tutti voi.
Un abbraccio. Masoni.

1 ago 2007

Il punto della situazione

mapa de Ecuador

... la testa fra le nuvole!














29/07/2007 - Baños (Ecuador) - 1800 mt

Ho da pochi giorni superato la meta' del mondo, ora mi trovo sotto l'equatore, in Ecuador, nell'emisfero meridionale. Qui tutto va al contrario, dal flusso dello sciacquone quando si tira l'acqua, alle stagioni invertite. Percio' mentre ora voi vi preparate ad andare in vacanza verso calde spiagge qui ora e' pieno inverno.
Ho ritrovato finalmente le Ande, una catena montuosa interminabile che parte in Colombia e finisce laggiu' nel lontano Cile meridionale, con picchi altissimi che sfiorano il cielo.
L'aria e' purissima e frizzante e i paesaggi sono spettacolari.
Basterebbe prendere un bus che attraversa il paese, scendendo e risalendo le tortuose strade scavate sulla superficie delle montagne, per godere di questo panorama puramente andino. Oppure, per assaggiare un pezzo di Ecuador, si puo' visitare uno dei tanti mercati ai piedi di questi monti, dove si ritrovano i "campesinos" dei dintorni per comprare o vendere le provviste del mese... una massa di persone che si portano dietro qualsiasi tipo di mercanzia, dalle pecore allevate in alta montagna alla frutta cresciuta nella pianura amazzonica.
Tra le tante imprese che mi sono messo in testa di affrontare, questa volta mi sono cacciato in una di quelle che sfiorano il limite della forza fisica: scalare il Cotopaxi.
Uno dei maggiori problemi che si incontrano in queste terre e' il mal di altitudine o "soroche" (come viene chiamato da queste parti). Un male che spesso non viene preso in considerazione ma che colpisce molte persone che ancora non si sono abituate a queste altitudidini.
Percio' io e Raphael ( mi compañero frances), prima di affrontare la grande sfida, abbiamo deciso di scalare uno dei picchi "de los Ilinizas", due monti a sud di Quito...
Assieme abbiamo raggiunto il rifugio che si trova a circa 4700 mt e non senza difficolta'.
Dopo pochi minuti di pausa il francese e' stato colto dal temibile soroche, con mal di testa, nausea e infine vomito. Mentre lui cercava di riprendersi io ho continuato l'impresa raggiungendo i 5000 mt dove iniziava la neve, ma da quelle parti passava una tormenta elettrica e visto che mi trovavo da solo ho deciso di retrocedere, contento di aver superato la prima prova, quella necessaria ad acclimatarsi.
Due giorni dopo sono ripartito solo con Juan Carlos, la mia guida personale, per scalare il Cotopaxi, un vulcano tutt'ora attivo che sfiora i 6000 mt e uno dei maggiori picchi delle Ande.
Sono partito molto bene, a un passo molto piu' veloce della media, ma dopo poche ore la fatica ha cominciato a schiacciarmi al suolo. Non avete presente la difficolta' di questa scalata, superfici di neve da affrontare con i ramponi, pareti verticali da arrampicare con un piccone, lunghe traversate ai bordi di ghiacciai legato al compagno attraverso una resistente corda... quassu' tutto diventa piu' difficile, l'aria e' rarefatta, manca l'ossigeno e per respirare e' necessario prendere grosse boccate d'aria, piu' o meno come fanno i pesci in acqua... qualsiasi movimento o azione necessita del doppio dell'energia, perfino l'atto di parlare o mollare una scoreggia va calcolato se non si vuole perdere la forza che ti e' rimasta nel corpo per salire. La scalata e' durata due giorni... 6 ore per la parte piu' ripida, con l'ascesa iniziata a mezzanotte, e quasi senza pause per non cedere al graffiante freddo. Dico mai, mai e poi mai ho sofferto tanto la fatica in vita mia, credevo di non farcela, dicevo alla guida di lasciarmi li', che non mi importava piu' nulla. Avevo esaurito ogni energia, ogni sforzo mi sembrava l'ultimo... e Juanito che mi incitava (o supplivava) di continuare, di andare avanti e non mollare perche' ci trovavamo in un punto critico, a rischio di valanghe... e io tentavo di dare un'altra picconata alla parete ghiacciata per salire una superficie che sembrava non finire mai... e cosi' per ore e ore, fino allo sfinimento, tanto che pensavo di perdere conoscenza o che'... con Juanito che mi tirava per la corda come fossi un mulo.
Poi, dopo tante penare si e' cominciato a sentire l'odore dello zolfo, proveniente dal cratere del vulcano, si e' alzato il sole che in pochi minuti ha proiettato l'ombra perfettamente conica del monte verso l'orizzonte... gli ultimi 30 minuti e con l'ultimo sforzo ho messo piede sul picco del Cotopaxi, a 5897 mt dal livello del mare. Quelli che erano gia' arrivati prima di me mi sono venuti in contro per darmi la mano (ormai un peso morto) e stringermela.. "Congratulations" - "Felicitaciones"... e cosi' ho sentito una commozione tanto forte che sono cominciate a scendermi le lacrime, mi stavo mettendo a piangere sul serio, un'emozione mai provata prima fino a quel momento... forse per aver superato la prova, forse per il sorprendente, incredibile, scioccante paesaggio che ci circondava, o forse perche' mi sono reso conto che ero ancora vivo.
Da la' in cima, in una giornata perfettamente limpida, si potevano scorgere tutti i picchi delle maggiori montagne dell'Ecuador, incluso il Chimborazo, con i suoi 6310 mt il monte piu' alto e il punto maggiormente distante dal centro della Terra, e il Tungurahua in una delle sue momentanee eruzioni durante la quale ha liberato un'enorme nube scura di detriti verso il cielo... incredibile! Ad ogni modo non ho avuto modo di rendermi conto di tutto questo perche' ero piu' di la' che di qua... solo adesso posso realizzare quello che e' successo. La discesa non e' stata meno facile che l'ascesa, con il sole che scioglieva i ghiacciai e ci costringeva a un passo veloce che io non ero chiaramente in grado di mantenere... ad ogni modo sono riuscito a raggiungere il rifugio e da li' a tornare all'ostello di Latacunga.
Ora mi trovo a Baños, ai piedi del Tungurahua, una cittadina nota per le sue sorgenti termali dove rimarro' a riposare per un paio di giorni. Baños e' anche conosciuta come la porta dell' "Oriente", quella parte dell'Ecuador che dalle Ande scende verso la Foresta Amazzonica, da qui si possono raggiungere diverse localita' nella giungla, come Coca ad esempio, un paesotto che un tempo era noto per le sue comunita' indigene ma che ora e' tristemente conosciuto per essere la sede di un immenso oleodotto, proprieta' delle piu' grandi compagnie petrolifere del pianeta, che hanno raso al suolo foresta, montagne e villaggi indigeni per dare sbocco verso il mare a questo lunghissimo tubo metallico trasportante "oro nero".
In pochi giorni saro' a Riobamba e da li' di corsa verso il Peru' dove c'e' Annalisa che mi aspetta.