1 ago 2007

... la testa fra le nuvole!














29/07/2007 - Baños (Ecuador) - 1800 mt

Ho da pochi giorni superato la meta' del mondo, ora mi trovo sotto l'equatore, in Ecuador, nell'emisfero meridionale. Qui tutto va al contrario, dal flusso dello sciacquone quando si tira l'acqua, alle stagioni invertite. Percio' mentre ora voi vi preparate ad andare in vacanza verso calde spiagge qui ora e' pieno inverno.
Ho ritrovato finalmente le Ande, una catena montuosa interminabile che parte in Colombia e finisce laggiu' nel lontano Cile meridionale, con picchi altissimi che sfiorano il cielo.
L'aria e' purissima e frizzante e i paesaggi sono spettacolari.
Basterebbe prendere un bus che attraversa il paese, scendendo e risalendo le tortuose strade scavate sulla superficie delle montagne, per godere di questo panorama puramente andino. Oppure, per assaggiare un pezzo di Ecuador, si puo' visitare uno dei tanti mercati ai piedi di questi monti, dove si ritrovano i "campesinos" dei dintorni per comprare o vendere le provviste del mese... una massa di persone che si portano dietro qualsiasi tipo di mercanzia, dalle pecore allevate in alta montagna alla frutta cresciuta nella pianura amazzonica.
Tra le tante imprese che mi sono messo in testa di affrontare, questa volta mi sono cacciato in una di quelle che sfiorano il limite della forza fisica: scalare il Cotopaxi.
Uno dei maggiori problemi che si incontrano in queste terre e' il mal di altitudine o "soroche" (come viene chiamato da queste parti). Un male che spesso non viene preso in considerazione ma che colpisce molte persone che ancora non si sono abituate a queste altitudidini.
Percio' io e Raphael ( mi compañero frances), prima di affrontare la grande sfida, abbiamo deciso di scalare uno dei picchi "de los Ilinizas", due monti a sud di Quito...
Assieme abbiamo raggiunto il rifugio che si trova a circa 4700 mt e non senza difficolta'.
Dopo pochi minuti di pausa il francese e' stato colto dal temibile soroche, con mal di testa, nausea e infine vomito. Mentre lui cercava di riprendersi io ho continuato l'impresa raggiungendo i 5000 mt dove iniziava la neve, ma da quelle parti passava una tormenta elettrica e visto che mi trovavo da solo ho deciso di retrocedere, contento di aver superato la prima prova, quella necessaria ad acclimatarsi.
Due giorni dopo sono ripartito solo con Juan Carlos, la mia guida personale, per scalare il Cotopaxi, un vulcano tutt'ora attivo che sfiora i 6000 mt e uno dei maggiori picchi delle Ande.
Sono partito molto bene, a un passo molto piu' veloce della media, ma dopo poche ore la fatica ha cominciato a schiacciarmi al suolo. Non avete presente la difficolta' di questa scalata, superfici di neve da affrontare con i ramponi, pareti verticali da arrampicare con un piccone, lunghe traversate ai bordi di ghiacciai legato al compagno attraverso una resistente corda... quassu' tutto diventa piu' difficile, l'aria e' rarefatta, manca l'ossigeno e per respirare e' necessario prendere grosse boccate d'aria, piu' o meno come fanno i pesci in acqua... qualsiasi movimento o azione necessita del doppio dell'energia, perfino l'atto di parlare o mollare una scoreggia va calcolato se non si vuole perdere la forza che ti e' rimasta nel corpo per salire. La scalata e' durata due giorni... 6 ore per la parte piu' ripida, con l'ascesa iniziata a mezzanotte, e quasi senza pause per non cedere al graffiante freddo. Dico mai, mai e poi mai ho sofferto tanto la fatica in vita mia, credevo di non farcela, dicevo alla guida di lasciarmi li', che non mi importava piu' nulla. Avevo esaurito ogni energia, ogni sforzo mi sembrava l'ultimo... e Juanito che mi incitava (o supplivava) di continuare, di andare avanti e non mollare perche' ci trovavamo in un punto critico, a rischio di valanghe... e io tentavo di dare un'altra picconata alla parete ghiacciata per salire una superficie che sembrava non finire mai... e cosi' per ore e ore, fino allo sfinimento, tanto che pensavo di perdere conoscenza o che'... con Juanito che mi tirava per la corda come fossi un mulo.
Poi, dopo tante penare si e' cominciato a sentire l'odore dello zolfo, proveniente dal cratere del vulcano, si e' alzato il sole che in pochi minuti ha proiettato l'ombra perfettamente conica del monte verso l'orizzonte... gli ultimi 30 minuti e con l'ultimo sforzo ho messo piede sul picco del Cotopaxi, a 5897 mt dal livello del mare. Quelli che erano gia' arrivati prima di me mi sono venuti in contro per darmi la mano (ormai un peso morto) e stringermela.. "Congratulations" - "Felicitaciones"... e cosi' ho sentito una commozione tanto forte che sono cominciate a scendermi le lacrime, mi stavo mettendo a piangere sul serio, un'emozione mai provata prima fino a quel momento... forse per aver superato la prova, forse per il sorprendente, incredibile, scioccante paesaggio che ci circondava, o forse perche' mi sono reso conto che ero ancora vivo.
Da la' in cima, in una giornata perfettamente limpida, si potevano scorgere tutti i picchi delle maggiori montagne dell'Ecuador, incluso il Chimborazo, con i suoi 6310 mt il monte piu' alto e il punto maggiormente distante dal centro della Terra, e il Tungurahua in una delle sue momentanee eruzioni durante la quale ha liberato un'enorme nube scura di detriti verso il cielo... incredibile! Ad ogni modo non ho avuto modo di rendermi conto di tutto questo perche' ero piu' di la' che di qua... solo adesso posso realizzare quello che e' successo. La discesa non e' stata meno facile che l'ascesa, con il sole che scioglieva i ghiacciai e ci costringeva a un passo veloce che io non ero chiaramente in grado di mantenere... ad ogni modo sono riuscito a raggiungere il rifugio e da li' a tornare all'ostello di Latacunga.
Ora mi trovo a Baños, ai piedi del Tungurahua, una cittadina nota per le sue sorgenti termali dove rimarro' a riposare per un paio di giorni. Baños e' anche conosciuta come la porta dell' "Oriente", quella parte dell'Ecuador che dalle Ande scende verso la Foresta Amazzonica, da qui si possono raggiungere diverse localita' nella giungla, come Coca ad esempio, un paesotto che un tempo era noto per le sue comunita' indigene ma che ora e' tristemente conosciuto per essere la sede di un immenso oleodotto, proprieta' delle piu' grandi compagnie petrolifere del pianeta, che hanno raso al suolo foresta, montagne e villaggi indigeni per dare sbocco verso il mare a questo lunghissimo tubo metallico trasportante "oro nero".
In pochi giorni saro' a Riobamba e da li' di corsa verso il Peru' dove c'e' Annalisa che mi aspetta.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Caro ragazzo
mi ha indirizzato qui da te il buon Fabio.
Ora,incredulo o quasi per la tua tenacia e passione per l'avventura(mi hai fatto venire l'AMS anche a me già solo leggendo le tue righe sull'ascesa al Cotopaxi!!)non ho resistito dal farti un salutino e una dedichina veloce(chiamiamola dedica x lo scalatore):
Che le tue gambe possano portarti dove la mente comanda e che la tua mente sia sempre lucida prima di partire!
...UN FORTE ABBRACCIO,BROWN!!!
P.S.
il mal di montagna non è da sottovalutare,sai??Ci si lascia anche le penne!!!grattatina...

Masoni ha detto...

Caro Brown... hai ragione, me l'hanno confermato in molti e ne ho visti tanti di intrepidi a lasciare il loro succhi gastrici giu' per i dirupi... fortunatamente ho affrontato la scalata seguendo le dovute tappe "para aclimatarme"... il soroche mi ha risparmiato e cosi' sono riuscito a giungere alla meta.
Ma la grattatina ci sta comunque!!!
Un abbraccio a te!