23 lug 2007

La leggenda de "El Dorado".

19/07/2007 - Bogota' - 2600 mt

Eccomi a Bogota', la capitale della Colombia, una citta' che mi ha sorpreso per l'ordine, la pulizia e, almeno all'interno delle mie esperienze, per la sua sicurezza... devo dire che me la immaginavo completamente diversa.
In questa citta' ho avuto modo di visitare il museo dell'oro, nel suo genere, il piu' grande del mondo: gioielli preziosi e raffinati lavorati dalle sapienti mani di artigiani appartenenti a diverse civilta' precolombiane sparse per tutto il paese, che dimostrano di essere stati i piu' grandi maestri dell'oro di tutto il pianeta. Due ore di visita al museo ed e' gia' febbre dell'oro!
E' qui che ho cominciato ad interessarmi della storia di un grande mito ed e' propio qui che ha inizio la leggenda de "El Dorado".
Conquistatori, esploratori e avventurieri cercarono instancabilmente "El Dorado" per tutto il Sud America. Nel loro affanno per giungere a questa favolosa citta' d'oro realizzarono sforzi tanto colossali quanto vani.
Per molti la notizia dell'esistenza di questa citta' inizio' quando in Europa si venne a conoscienza dell'episodio in cui il conquistatore del Peru' pretese, per liberare il ribelle Atahualpa, un riscatto in oro equivalente alla statura del prigioniero all'interno di una stanza di 48 metri quadrati... riscatto che fu pagato senza alcuna liberazione del prigioniero, anzi l'Inca fece una gran brutta fine... ma questa e' un'altra storia.
Gia' anni prima di questo avvenimento storico circolavano versioni di immense ricchezze che erano state nascoste in luoghi straordinari sparsi per il nuovo continente. Tra queste storie di tradizione e fantasia emergeva quella di un capo indigeno "cacique" tanto ricco che tutti i giorni copriva il suo corpo di oro e successivamente silavava in un lago per liberarsene.
In realta' la relazione corrisponde a una cerimonia del passaggio del potere reale che gli indios "Chibchas" erano soliti festeggiare nel nord della Colombia. Affinche' ogni nuovo cacique si consacrasse al Sole veniva denudato, il suo corpo veniva unto di resine o fango e veniva spolverato con un filo d'oro dalla testa a i piedi. Successivamente il cacique saliva su un'imbarcazione carica di offerte preziose. Quando il cacique giungeva al centro del lago di Guadavita, un piccolo lago al centro di un cratere spento a due ore dall'attuale Bogota', le offerte di oro, smeraldi e pietre preziose venivano gettate nel lago mentre l'indio si lavava nelle sue acque per restituire le ricchezze alla Terra.









A testimonianza di questa cerimonia al museo di Bogota' esiste un pezzo unico che rappresenta perfettamente un'imbarcazione reale di finissimo oro e il rito a cui e' connessa.
Il rito era scomparso prima dell'arrivo degli spagnoli e, trasformatosi in leggenda, passava oralmente di generazione in generazione. Ovviamente i "conquistadores" non ammisero mai che si trattasse di qualcosa del passato e la cocciutaggine fece in modo di trasformare la cerimonia in un mito di proporzioni favolose tanto che furono organizzate decine di spedizioni per cercare la citta' del cacique dorato.
Sara' Sebastian Belalcazar che una mattina ascoltera' la prima relazione su un paese tapezzato di oro e smeraldi. La' cominciava una leggenda che avrebbe percorso tutto il Vecchio Mondo.
Belalcazar riusci' a organizzare una spedizione che dall'Ecuador si sarebbe diretta verso la Colombia in cerca de "El Dorado" e si sarebbe protatta per molto tempo, incontrando molti ostacoli e pericoli ma senza mai giungere a nessuna citta' d'oro. Ad ogni modo Belalcazar ottenne la conquista di nuovi territori per la corona spagnola e un passaggio diretto verso Panama, localizzando addirittua il lago di Guadavita grazie all'aiuto di alcuni indios che conoscevano la leggenda del cacique dorato.
La certezza che Guadavita nascondesse grandi tesori giunse al punto tale che da allora in avanti le missioni per riportare alla luce il suo oro si moltiplicarono fino ai giorni nostri, tentando di svuotare il lago o di scavare tunnel laterali, al duro prezzo di molte vite umane.
Qualche oggetto d'oro o pietra preziosa fu scovata a poca profondita' sulle rive del lago ma il suo fondo non ha ancora svelato l'esistenza di nessuna citta' leggendaria.
Grazie a questa leggenda la mia febbre dell'oro ha raggiunto i quaranta gradi e ora voglio sapere di piu' su questa incredibile storia che percorre tutto il continente.
Nel frattempo io e Raphael siamo scesi piu' a sud, a San Agustin, un luogo noto per le strane sculture sparse per le colline di questa incantevole regione, lasciate da
misteriose civilta' precolombiane.









La prima notte all'ostello siamo stati raggiunti da uno strano tizio, abbastanza pazzo, presentatosi come un artigiano che lavora la pietra. Ci ha raccontato dei misteri delle diverse popolazioni colombiane, della loro prestigiosa arte nel lavorare l'oro e la ceramica e delle miniere incantate ricche di smeraldi. La mia febbre ha fatto esplodere il termometro.



Come per casualita' in due giorni a spasso per San Agustin, cavalcando su e giu' per i verdi e profondi canyon scavati dal rio Magdalena, siamo venuti a contatto con profanatori di antiche tombe, trafficanti di pietre preziose e di oggetti di ceramica. Ho cosi' ceduto un po' delle mie medicine, una torcia e un coltello a cambio di questi incredibili oggetti.
Mi sono sentito per un attimo come il protagonista di "Yo no soy gringo", un bellissimo libro che ho avuto modo di leggere prima della partenza per questo viaggio, scritto da un nostro compaesano friulano e che vi consiglio vivamente di leggere.
Magari al ritorno vado a chiedergli un parere da esperto sull'originalita' dei pezzi acquistati.

2 commenti:

_._ste_._ ha detto...

pimpi pimpi quante avventure! continuo a seguirti anche se gia' ci troviamo tanto lontano da te. un girono riprendero la strada lasciata a panama e rirendero verso sud ma nel frattempo mi godo i tuoi racconti. un bacio grande
stefania

Anonimo ha detto...

ciao masooouuuniiii!

figata il blog-diario di viaggio!

aooo sei mejo de'na lonely planet!

buon viaggione organisation, passerò a salutarti ogni tanto!

Maxe