18 apr 2007

Subida a El Imposible y Cerro Verde

7/04/07 - Copan Ruinas (Honduras) -

"Que oras son mi corazon? ... Son las 11 de la noche en San Salvador (El Salvador)"

Nonostante fossi ormai uscito dal Guatemala mi trovavo ancora in terra di vulcani.
El Salvador forse e' conosciuto proprio per essere una terra di vulcani, oltre che per la sua orribile fama eridata dalle stragi della recente guerra civile durata circa 15 anni. Una guerra che ha lasciato migliaia di morti alle sue spalle, sopratutto campesinos innocenti sterminati brutalmente dai paramilitari.
La mala reputazione di questo piccolo paese fa in modo che nessun turista ci si avvicini molto... e cosi' El Salvador rimane sconosciuto a molti mantenendo inesplorati i suoi "tesori".
Sembra il posto perfetto per sfuggire a tutte quelle facce ormai conosciute di turisti che incontro quasi in ogni dove, alcuni dei quali mi "perseguitano" gia' dalle regioni del Messico.

I cartelli presenti nei parchi che vietano l'ingresso di armi nelle aree pubbliche forse dimostrano che non sono solo leggende urbane quelle che raccontano che i "salvadoreños" girano liberamente armati per le strade... ad ogni modo la verita' e' un'altra: El Salvador non e' piu' pericoloso di qualsiasi altro paese del Latino America.. e per quanto riguarda il fatto di girare liberamente armati, beh, questo, non so perche', mi ricorda molto da vicino un costume che va tanto di moda in un'altro paese molto piu' sviluppato e, teoricamente, civilizzato che si trova nello stesso continente, solo molto piu' a nord.
Fino ad ora i salvadoreños sono la gente piu' gentile, cordiale, disponibile e amichevole che abbia incontrato in questo continente. Sentono una incredibile necessita' di riscattarsi e vogliono farsi conoscere al mondo intero per quello che sono realmente. Purtroppo non hanno grandi opportunita' di uscire dal loro paese, a parte quel quinto della popolazione che e' riuscito a emigrare negli USA, quasi tutti illegalmente.
Supero facilmente il confine costituito da un ponte sbarrato alle estremita' pieno di TIR in transito.
Giungo a Cara Sucia (letteralmente "Faccia Sporca") e di belle facce, se devo essere sincero, non ne vedo molte in giro, ma ben presto mi rendo conto che si tratta solo di suggestione o di pregiudizi.
Ho deciso di visitare il Parque del Imposible, un parco chiamato cosi' perche' ai tempi, per trasportare il caffe' attraverso queste terre, bisognava caricarlo su dei muli che dovevano attraversare un "passo" attraverso i monti, reputato appunto impossibile: la maggior parte delle bestie infatti, al guardare verso il fondo del burrone, si sbilanciavano e precipitavano con il loro carico.
Sul bus conosco Michael, un ragazzo che lavora per la societa' dei trasporti pubblici che mi racconta di quando aveva tentato di varcare il deserto tra Messico e Texas... lui c'e' riuscito ed aveva persino ottenuto un lavoro come muratore, ma poi, in seguito a un controllo, l'hanno "beccato" e l'hanno rimandato a casa con un calcio nel sedere... mi confida che lui ha avuto fortuna in fondo: ora ha un lavoro, anche se non gratificante, una moglie ed e' in attesa di un bambino... ma alla maggior parte dei clandestini non va cosi' bene: mi dice che la maggior parte di quelli che decidono di fuggire negli States vendono tutto... terre, casa, qualsiasi avere .. per poi poter avvicinarsi pian piano al Messico e al suo confine settentrionale... ma le cose non vano alla fine come speravano e tornano a casa senza piu' nulla, costretti a mendicare per le strade per poter sopravvivere in un modo o nell'altro.
Auguro a Michael il meglio e lui fa altretanto, prendo un pick up per salire al monte "El Imposible".
Campeggio la' una notte e scopro che ormai la visita di questo parco nazionale non e' poi cosi' impossibile!
El Salvador e' uno degli stati piu' minuscoli dell'America Latina ma in proporzione ha la maggior concentrazione di persone per superficie... con tutte ste persone e con cosi' poche risorse il paese e' stato sovrasfruttato e cosi' ha ottenuto un'altro brutto primato: il paese latino-americano piu' deforestato. In effetti dal bus si puo' facilmente notare terra "bruciata" in ogni angolo e di foresta ne e' rimasta ben poca, forse solo nei parchi nazionali che, nonostante tutto, costituiscono le "gemme" del paese... e cosi' decido che i parchi meriteranno tutta la mia attenzione.
Da El Imposible mi sposto al Cerro Verde, un complesso di 3 vulcani, uno ormai spento da anni, uno che sbuffa ogni tanto, uno che e' tornato attivo due anni fa e che ora fa paura a molti.
Sul bus per il Cerro Verde incontro Juan, un tizio sulla cuarantina che assomiglia a Maradona nella sua peggiore forma, accompagnato dal suo bambino, entrambi vestiti con una maglietta mimetica che mette ben in mostra la forma rotonda e sporgente delle pance.
Juan ha due denti d'argento in bocca, uno dei quali ha una struttura modellata a forma di stella a 6 punte.... che bruttura!
Juan mi dice che era un guerrigliero circa 12 anni fa e controllava le montagne del Imposible.
Si mette a ridere faccendo brillare il suo dente stellato quando si ricorda di quella volta che lui e i suoi amici sul monte avevano fermato 4 turisti. I suoi amici avevano derubato i 4 malcapitati dei beni piu' preziosi. Io sorrido e gli dico "Che fortuna i turisti ad incontrarvi!", lui sempre sorridendo dice "... ma non erano italiani .. erano venezuelani!"... "A beh" -faccio io- "questo spiega tutto allora"..."che fortuna ad averti incontrato"... lui mi rassicura dicendo che quelli erano altri tempi e che comunque non era d'accordo con i suoi "amici"... padre e figlio scendono di li' a poco dal bus.
Giungo all'ingresso del parco e nonostante sia consapevole non ci sia possibilita' di campeggiare ci provo comunque, spiegando alle guardie che il giorno dopo, "el Viernes Santo", non ci sono trasporti pubblici funzionanti e che non saprei come poter tornare o eventualmente andarmene dalla Riserva Naturale. Le guardie mi dicono che non c'e' problema, un posto me lo trovano e cosi' finisco per montare la mia piccola tenda sotto la tettoia di una baracca. La notte stessa arriva un temporale ma io dormo profondamente al riparo dalla pioggia battente.
Trascorro le giornate a scalare, grondante di sudore, due dei vulcani. L'ultimaa notte le guardie-parco decidono di imbastire una festicciola proprio di fronte la mia tenda, a grosse sorsate di vodka e cola e con il sottofondo di una radio latino-americana... ubriachi marci finiscono per coinvogermi in un ballo interminabile fino a quando riesco a far capire che e' ora di andare a nanna perche' il giorno dopo per loro sarebbe stata una giornata intensa di lavoro... tanto di far loro capire che ero stanco morto non c'era verso. Scopro che il capo delle guardie era un sergente dell'esercito al tempo della guerriglia... anche lui deve averne combinate di cotte e di crude, ma non sembra essere molto disposto a parlare di questo argomento.
Oggi lascio El Salvador, rientro in Guatemala e da li' esco nuovamente... dopo 8 cambi tra bus e microbus e dopo aver percorso 3 paesi eccomi in Honduras. Domani mi aspettano le rovine di Copan... l'ultima grande citta' Maya a sud nel MesoAmerica... e con questa si conclude la saga dei Maya.




GIADA

Per i gruppi mesoamericani la GIADA era la materia preziosa per eccellenza, tanto quanto lo era l´oro per le nostre culture occidentali.
La GIADA, senza ombra di dubbio, possedeva virtú spirituali e mistiche che l´oro non ha mai posseduto in nessuna civiltá.
La GIADA ha il colore delle piante, quello della vita e, soprattutto, la tinta del mais, considerato come l´alimento divino che gli Dei avevano offerto agli uomini.
La tradizione rituale descritta dagli spagnoli consisteva nel collocare nella bocca del morto una perla di GIADA, cosí il defunto portava all´altro mondo, non solamente l´alimento spirituale, ma anche il mais stesso. La GIADA fu lavorato nelle epoche antiche degli Olmechi e questo molto prima dell´era Cristiana. Questi oggetti, nella maggior parte orgoglio dei grandi musei, sono i piú ricerati dai collezionisti di archeologia mesoamericana.

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